La Quaresima inizia sempre nel deserto e il personaggio che accompagna Gesù è il diavolo. Questa parola deriva dal greco e significa «colui che divide». Le si contrappone un’altra parola, simbolo, che significa «colui che unisce». Ma potrebbe anche essere «ciò che divide» contrapposto a «ciò che unisce».
Il discorso del pane è terminato. Un discorso ardito, pieno di paradossi, portatore di una novità inaspettata. «Questa parola è dura!», dicono molti che pure hanno ascoltato Gesù. E tornano indietro. Si direbbe il gesto di chi, siccome non ha capito e non intravede alcun futuro lungo la nuova strada intrapresa, si rifugia nel suo passato comodo e rassicurante. Tornare indietro spesso è una decisione saggia, che ci salva la vita: penso a quando, arrivati sotto la vetta tanto agognata, dopo un lungo cammino magari su un ripido ghiaione, è necessario tornare indietro perché le mutate condizioni del tempo rendono rischioso il proseguire. Rinunciare talvolta è l’unico modo che ci resta per tenere ancora vivo il desiderio.
Ma qui il tornare indietro di molti discepoli ha un’altra origine: si direbbe il frutto di un calcolo intellettuale. Non ho capito. Ho tirato la riga e il risultato è con il segno meno. I conti non tornano, insomma, e si torna indietro. Quando riduciamo la vita ad un capire, succede spesso che finiamo alla sbarra del non capire e non si può proseguire oltre.
Pensiamo ad un bicchiere. Il suo scopo è ricevere, capire, infatti si dice che è capiente. Immaginiamo che l’acqua sia finita quasi tutta fuori dal bicchiere, sul tavolo, e che solo poche gocce siano entrate nel bicchiere. Se la vita è riempire il bicchiere – se la vita è capire – allora il bicchiere quasi vuoto ne decreta il fallimento. Ma la vita non si misura mai con il centimetro, ed è sempre pericoloso tirare le righe.
Guardiamo Pietro. Egli non torna indietro, insieme a pochi altri, i Dodici. Hanno forse capito? No, affatto. Il bicchiere di Pietro non è certo traboccante, anzi è quasi vuoto. Ma egli non se ne cura, non lo guarda, non lo misura. Egli vede la sua vita tutta in relazione con Gesù e pensa se stesso non come un bicchiere vuoto ma come un bicchiere che deve essere riempito. Per questo l’unica cosa che gli preme è tenersi vicina la brocca colma d’acqua inesauribile di Gesù – è questa che egli chiama «vita eterna». Il discepolo che torna indietro non è solo un bicchiere vuoto, ma si allontana dalla brocca che può riempirlo.
DICIANNOVESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B
Lago Retico (Foto AC)
Nel dialogo di Gesù con la folla s’infiltrano i Giudei che cominciano a mormorare. Essi sono i sapienti della religione, incapaci di mettersi in un autentico cammino di fede, perché convinti di aver già codificato tutto ciò che è necessario credere e fare per essere salvi.
DICIOTTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B
Marmotta che gusta il pane (Foto AC)
Cercare, trovare. Due verbi per un solo movimento che caratterizza tutta la nostra vita. Gesù stesso non si sottrae a questa dinamica umana. L’immagine che ci offre l’evangelista è inverosimile: una folla sulle barche intenta ad attraversare il mare.
DICIASSETTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B
(Foto AC)
La lettura domenicale del vangelo abbandona il racconto di Marco per passare a quello di Giovanni, che permette di offrire una meditazione – che si prolungherà per alcune domeniche – a partire dall’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
I Dodici sono persone concrete. Ragionano come noi. Usano il metodo del contare – calcolare: contano quante persone hanno di fronte e calcolano che non possono sfamarle. L’unica via praticabile è congedarle, così che ciascuno possa risolvere il problema del cibo da solo o a piccoli gruppi.
Nel dialogo s’infiltra la mormorazione. Dalla folla emergono i Giudei, visti da Giovanni in modo negativo. Sono i sapienti della religione, incapaci di mettersi in un autentico cammino di fede. Che cosa li fa mormorare?
Il segno della moltiplicazione dei pani ha bisogno di una spiegazione, ed è questa spiegazione a darcene il vero significato. Tante volte crediamo che assistere ad un avvenimento sia sufficiente. No, bisogna sedersi, domandare, ascoltare.
Il racconto della moltiplicazione dei pani nel vangelo di Giovanni non è propriamente un miracolo, ma un segno. Siamo invitati ad uscire dalla logica del sensazionale per entrare in quella del mistero del Pane della Vita, di cui questo episodio rappresenta quasi una ouverture, piena di fascino.