«Ecco, io sono con voi»

SANTISSIMA TRINITÀ – Anno B

IMG_0569L’errore più grosso è pensare che la Trinità sia un problema dei teologi. Cioè, che noi crediamo in Dio e poi i teologi, bontà loro, riflettono sul mistero della Santissima Trinità. Detto in una parola: la Trinità è una complicazione che non s’addice ad una fede semplice. La Trinità, quindi, come un optional che non aggiunge nulla di essenziale, anzi che complica la vita? Continua a leggere

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Lo Spirito e la carne

DOMENICA DI PENTECOSTE – Anno B

Inganna qRONDINE AL TRAMONTO.1uesta parola: Spirito. Ne abbiamo fatto la nota caratteristica della religione, che è, per sua natura, una cosa spirituale. Da contrapporre, quindi, alle cose materiali. Una certa carta d’identità del cristianesimo lo presenta come la religione dello Spirito per eccellenza, e la solennità odierna sembrerebbe dar ragione a questo luogo comune: la Pentecoste rappresenta la pienezza della Pasqua, e lo Spirito è la presenza attuale di Dio in ogni luogo e in ogni tempo. Mi spiace disilludervi, se questa è anche la vostra opinione. È troppo semplicistica, comoda nel suo dividere la materia dallo spirito, e nell’assegnare a quest’ultimo uno spazio sì alto ma etereo, impalpabile, disincarnato. Continua a leggere

Si è fatto carne… in cielo!

ASCENSIONE DEL SIGNORE – Anno B

DSC_0264Ad ascoltare l’elenco dei segni che secondo Gesù accompa­gneranno quelli che credono, vien da concludere che noi non crediamo. Forse si fa riferimento a segni presenti nella prima comunità cristiana, a episodi accaduti e fatti conosciuti alla fine del primo secolo dell’era cristiana. Ma è certo che la Chiesa nella sua storia bimillenaria ha scacciato il demonio, ha impa­rato le lingue nuove degli uomini, ha preso in mano serpenti velenosi ed è sopravvissuta al tanto veleno che sempre si ten­ta di inocularle, ha guarito numerose malattie del corpo e dello spirito. Continua a leggere

L’albero della vita, per un orizzonte di bellezza…

AGOSTINO CLERICI, L'albero della vita. Un orizzonte di bellezza per l'uomo di oggi, L'essenziale è visibile, Tavernerio 2015, pagine 208, euro 12,00.

AGOSTINO CLERICI, L’albero della vita. Un orizzonte di bellezza per l’uomo di oggi, L’essenziale è visibile, Tavernerio 2015, pagine 208, euro 12,00.

Per richiedere il libro clicca sull’indirizzo ago.cle@libero.it.

Disponibile anche su www.amazon.it

Librerie in cui si trova il volume: a Como la Libreria Paoline in V.le Cesare Battisti, a Sondrio la Libreria San Paolo in via Piazzi, a Morbegno la Libreria Piccolo Principe in via Vanoni.

Una presentazione del libro avverrà nell’ambito di Parolario 2015 a Villa Olmo venerdì 26 giugno 2015 alle ore 16.

Giovedì 2 luglio alle ore 20.45 terrò una relazione sul tema “Dalla creazione all’educazione. La vita, la bellezza, il desiderio”. nell’ambito dei seminari organizzati da FoodArt nella splendida cornice del Castello di Monguzzo.

Vedi la recensione di Vera Fisogni su “La Provincia di Como”.

Vedi la recensione di Lorenzo Morandotti su “Corriere di Como”.

Vedi la Recensione di Salvatore Couchoud su “Il settimanale della diocesi di Como”

Dopo una gestazione durata quattro anni, è ora disponibile il mio ultimo libro, un libro a cui tengo tantissimo. Pagine scritte con passione ed entusiasmo per cambiare il paradigma stanco della vita umana nella luce di un orizzonte più ampio, quello della bellezza, e nella forza data dal “carburante” del desiderio che sostiene l’«estasi» dell’amore. Continua a leggere

Rimanere nell’amore dell’Amico

SESTA DOMENICA DI PASQUA – Anno B

Cero 1Non più immagini. Ora Gesù entra nella nostra realtà umana più profonda, l’amore, e ce ne svela il segreto. Un conto è rimanere nel recinto delle pecore, sentendosi al sicuro sotto lo sguardo del buon pastore e riconoscendone la voce. Un conto è rimanere nella vite, come tralcio potato che è destinato a produrre molto frutto. Ma oggi Gesù ci rivolge l’invito più esplicito di tutto il vangelo: «Rimanete nel mio amore». Non si limita a consigliarci l’amore come antidoto contro la tristezza, come medicina per sanare la solitudine, come vaccino che ci salva dalla malattia della disperazione. Oggi ve ne sono tanti che invitano genericamente ad amare, lanciando uno slogan non di rado disimpegnato, una specie di «rompete le righe e fate quel che vi pare» che suona come una libertà senza responsabilità.

Chi è contrario all’amore, alzi la mano! Ma, poi, che cos’è mai questo amore? Un istinto da lasciar correre? Un’ebbrezza da inseguire ad ogni costo? Una chimera che dura poco, e che si cerca di volta in volta in persone diverse? Gesù ha il coraggio di pronunciare la parola «amore», ma non nasconde che è il suo amore e ci chiede di rimanere nel suo amore. Da questo punto di vista, il modo di Gesù di parlare di amore è già controcorrente. Non parla da padrone, perché non ci chiama servi ma amici e ci rivela il progetto del suo cuore. Eppure osa chiedere a degli amici di esserlo solo a patto di osservare i suoi comandamenti. Promette una gioia piena, ma assicura che essa deve passare da un’obbedienza altrettanto piena. E porta ad esempio la propria esperienza di amore: anch’egli è rimasto nell’amicizia del Padre osservando i suoi comandamenti, e solo così ha raggiunto la pienezza della vita. Non dimentichiamoci che queste parole Gesù le pronunciò la sera dell’ultima cena, dopo aver compiuto il gesto della lavanda dei piedi.

L’immagine del buon pastore che dona – letteralmente «depone» – la sua vita per le sue pecore si è appena realizzata nel Maestro che ha deposto la sua veste per compiere il gesto del servo, e di lì a poco troverà conferma nel Signore che depone la sua vita sul legno della croce. Questo è l’Amico: colui che dona la sua vita per i propri amici. Eppure, amici suoi lo siamo se osserviamo i suoi comandamenti. Lasciatemi dire che qui si trova la cifra del Vangelo che più si allontana dal verbo predicato dal mondo. Per il mondo amore e comandamenti stanno su due fronti separati: l’amore sta nel regno della libertà pura, il comandamento dice una forzatura che non ha nulla da spartire con l’amore. Non è così, e a dirlo non è tanto Gesù quanto la vita. Chiunque vive sa per esperienza che l’amore vero è stillicidio di obbedienza quotidiana, è quella dedizione all’altro che costa sacrificio ma che sola regala una libertà veramente umana. Osservare i comandamenti di uno che dà la vita per te è incamminarsi verso la gioia piena. Gesù in quella sera, che noi commemoriamo ogni anno il Giovedì Santo e che rinnoviamo ogni volta che celebriamo la Messa, pronunciò parole e fece gesti, che siamo invitati a far nostri e a ripetere.

Se siamo impegnati sul versante educativo, abbiamo il dovere di proporre ai ragazzi e ai giovani questa concreta via di amore e di amicizia, smontando i messaggi deleteri che provengono in modo martellante dalla televisione, dal cinema, dal costume diffuso e che idealizzano un amore senza regole, un amore inteso come macchinetta distributrice di piacere e soddisfazione, un amore da cui è assente il sacrificio. Un amore così è semplicemente disumano, nel senso che non rende uomini e che non si trova tra gli uomini se non come assurdo sogno destinato a sbriciolarsi tra le mani e a lasciare il cuore a pezzi. Grande questo Gesù che, invece, vuole donarci una gioia piena e non a pezzetti, una gioia capace di riempire il cuore. Per questo vi invito a tenere nelle orecchie le ultime parole di questa pagina evangelica: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga». Se ci assale lo sconforto mentre cerchiamo di vivere l’amore e l’amicizia con Gesù dentro la trama dei nostri rapporti più belli di amicizia e amore, e ci sembra di non riuscire in questa impresa, ricordiamoci che ci ha scelti Gesù e che l’impresa è la sua.

Tralci che rimangono nella vite

QUINTA DOMENICA DI PASQUA – Anno B

EPSON DSC pictureIl pastore e le pecore sono due cose diverse. È vero, il pastore autentico è disposto a dare la vita per le sue pecore. Ma è il dare la vita per un altro. Nel vangelo che abbiamo ascoltato oggi c’è la rivelazione di un rapporto ancora più stretto. L’immagine della vite e dei tralci approfondisce ulteriormente quella del pastore e delle pecore che abbiamo ascoltato domenica scorsa. La approfondisce nella direzione della appartenenza: non siamo qualcosa di esterno che appartiene a Cristo, siamo un tutt’uno con Lui. Lui e noi siamo davvero una cosa sola. Quando guardo la vite quasi non distinguo più dove finisce la vite e dove iniziano i tralci. Gli apparteniamo così. Questo, almeno, è il desiderio della Vite Gesù Cristo. Continua a leggere