Tommaso l’incredulo. Lo abbiamo dipinto così, l’apostolo che volle mettere il dito nelle piaghe di Gesù. Eppure sulla sua bocca c’è la professione più limpida e profonda di tutti i Vangeli: «Mio Signore e mio Dio!». A cui giunge partendo da un perentorio «Se non vedo… io non credo».
La Pasqua è una festa che dura otto giorni. Una stranezza dal punto di vista cronologico, per cui si continua a ripetere «in questo giorno» per tutta la settimana. Si gioca con il tempo al servizio di un messaggio insieme teologico e pastorale (di cui qui non parleremo). Mi basta ricordare che molti cristiani se lo sono dimenticato e vivono la Pasqua come se fosse la questione di un giorno festivo del calendario, da celebrare nello spazio di una Messa. Anzi, da quando imperversa la pandemia, senza nemmeno quella!
Non posso certo dimostrare che Gesù è risorto. Ma posso tentare una risposta ragionevole ad un’altra domanda: perché io mi fido di Pietro e degli altri apostoli, che dicono di aver trovato il sepolcro vuoto e anche di aver incontrato il Risorto? Per quel gruppo di smarriti apostoli la risurrezione era la spiegazione più difficile da annunciare agli altri, ma anche la più scomoda da vivere essi stessi in prima persona. Erano delusi e al massimo avrebbero potuto atteggiarsi a discepoli di un morto che aveva lasciato loro in eredità un messaggio di amore.
Il dramma della passione di Gesù che abbiamo ascoltato comincia nel profumo, quello di puro nardo con cui una donna inonda il capo di Gesù a Betania. L’atto finale – quello della risurrezione – comincerà con le donne che comprano aromi per ungere il corpo di Gesù, ma non li potranno usare perché il sepolcro è vuoto. Del resto Gesù lo aveva detto: «Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura». L’amore è sempre in anticipo, e il gesto di quella donna – che l’evangelista Giovanni identifica con Maria, sorella di Marta e Lazzaro – preannuncia addirittura la risurrezione.
Mentre i giudei rifiutano Gesù, alcuni greci vogliono vederlo. E Gesù mostra loro la croce. Il verbo “vedere” non indica una vaga curiosità: dice la volontà di superare le apparenze e di andare nella profondità delle cose e delle persone. Se vuoi vedere l’intimo di Gesù, ebbene, devi guardare la croce di Gesù. Continua a leggere →
Nicodemo era andato a trovare Gesù di notte. Era un capo dei giudei, e forse non voleva esporsi troppo, e quindi scelse le tenebre per andare a parlare con Gesù. Ma così si può capire meglio che la luce è Gesù, ed è lui ad aver fatto il primo passo incontro all’uomo. Continua a leggere →
«Ma egli parlava del tempio del suo corpo». I discepoli di Gesù lo capiranno solo dopo la risurrezione. E noi che cosa abbiamo capito oggi? Solitamente citiamo questo brano per avere una pezza giustificativa per i nostri impeti d’ira, ricordando che anche Gesù si è arrabbiato! Continua a leggere →
Ci è data una Quaresima, non per mortificare, ma per vitalizzare. Per produrre frutti. Il primo paradossalmente lo produce il deserto, che non è da pensare come un luogo fisico – inospitale, pieno di sabbia, e dove si patisce la sete e la fame – ma come una dimensione che deve far parte della nostra vita. Continua a leggere →
Che brutto quando una norma umana viene messa sulla bocca di Dio, quasi per sancirne l’autorevolezza. Mosè ed Aronne stabiliscono che il lebbroso è impuro, deve dichiararlo chiaramente, e deve accettare di vivere da solo. Continua a leggere →
Tutto casa e chiesa questo Gesù? La mattina in sinagoga e il pomeriggio nella casa di Simone e Andrea. Poi però, dopo il tramonto, la porta della casa è un palcoscenico sulla città. E al mattino presto c’è il rifornimento, nel luogo deserto della preghiera solitaria. Continua a leggere →