DICIASSETTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

Il racconto della moltiplicazione dei pani nel vangelo di Giovanni non è propriamente un miracolo, ma un segno. Siamo invitati ad uscire dalla logica del sensazionale per entrare in quella del mistero del Pane della Vita, di cui questo episodio rappresenta quasi una ouverture, piena di fascino.
Ecco, allora, alcuni particolari del racconto che meritano la nostra attenzione.
Intanto, il luogo: «c’era molta erba in quel luogo». Il Pane di Vita – scopriremo nel lungo discorso che si tratta della persona stessa di Gesù – non ha bisogno di sontuosi ristoranti e di mense riccamente apparecchiate. Ci si può sedere per terra, ma c’è molta erba, è un luogo verdeggiante (non è il deserto della manna!). In una parola: l’incontro con il Pane della Vita, con Gesù, nella convivialità della comunità, è una esperienza di bellezza. Assomiglierà magari ad un picnic che richiama la quotidianità, ma nulla è banale. È un mangiare per terra tutti insieme, ma su un tappeto di verde…
Un secondo particolare riguarda l’abbondanza. Manca tutto, e invece si giunge alla sazietà, e ne avanza addirittura! È una caratteristica, questa, dell’amore, ed il Pane della Vita, Gesù, è l’Amore. Si direbbe che avanza ben più del poco da cui si è partiti, e questo è davvero incredibile, tanto è vero che l’evangelista lo specifica dettagliatamente: «riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato». L’amore moltiplica il poco, ma quel poco è come necessario per partire. Si raggiunge così la sazietà, ma poi – è Gesù che lo chiede esplicitamente – bisogna raccogliere i pezzi avanzati «perché nulla vada perduto». L’amore del Pane di Vita, di Gesù, è senza fine, continua a riempire i nostri canestri…
C’è un terzo particolare del racconto, che sembra fuori scena, ed è la solitudine finale di Gesù: «sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo». Il dono eccedente del Pane della Vita rifugge da ogni progetto di potenza e nessuno deve impadronirsi della bellezza dei cinquemila che mangiano distesi sul prato verde…
Mi sono immaginata spesso su quel prato, fra quella folla, in ascolto di Gesù. Mi ha colpito quel ragazzo che saggiamente ha seguito Gesù con la merenda: aveva intuito che ” seguire” il maestro non era avventura da poco, esauribile in brevi ore. Mi piacciono le ceste colme di tozzi di pane: nessun resto viene buttato, dunque nessuno di noi, sia pure briciola di poco peso, verrà abbandonato fra l’erba. Ciascuno di noi troverà spazio e valorizzazione. Nessuno sarà mai troppo piccolo e di poco conto per essere accolto da Gesù.
I 5000 che mangiano sull’erba sono un “segno”di grande bellezza. Una bellezza che deve essere desiderata, ma non posseduta…