VENTINOVESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno C
La domanda con cui si chiude il Vangelo rimane aperta. Gesù l’ha lasciata aperta, noi possiamo solo tenere accesa la nostra fede sulla terra. Sicuramente con le nostre opere, con il nostro impegno di giustizia e di carità. Ma non dimentichiamo che la domanda «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» compare sulla bocca di Gesù al termine di una parabola che egli diceva per istruire i discepoli «sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai». Pregare sempre non equivale a dire sempre le preghiere. Pregare sempre dice piuttosto una tensione, una direzione, una dimensione di tutta la vita, che attraversa e plasma ogni momento della giornata. Può pregare sempre anche uno che ha poco tempo per dire le preghiere. Ma poi, di fatto, è più portato a pregare sempre colui che sa trovare il tempo per dire le preghiere. Prega sempre, però, solo colui che non isola le sue preghiere in alcuni momenti del giorno (che sono necessariamente pochi e limitati per chi svolge una vita attiva), ma li sa far diventare lievito nella pasta delle ventiquattro ore.
La preghiera dei salmi, ad esempio – quella che la Chiesa propone nella “Liturgia delle Ore”, delle lodi del mattino e dei vespri della sera – è assai preziosa per chi voglia pregare sempre: c’è sicuramente un versetto di un salmo o l’espressione di un’orazione o di una antifona che rimane nella mente e nel cuore. Occorre tenere ferma questa parola e farla risuonare lungo il giorno mentre si compiono i propri lavori, e così si è facilitati nell’operazione del «pregare sempre». Un altro modo per pregare sempre è quello di saper ricondurre i volti al volto di Cristo, esercitarsi a guardare le persone comuni che si incontrano tutti i giorni nella propria famiglia o nel luogo di studio o di lavoro, o le persone nuove che incrociamo e conosciamo, guardare tutti nell’unico sguardo di Cristo: così facendo, è impossibile non pregare, perché la vita viene ricondotta a Dio nello stesso momento in cui la si vive. Le pagine di un libro che si legge, i volti dei propri bambini con le loro domande e le loro esigenze, l’attenzione ai compiti che siamo chiamati a svolgere, tutto diventa un richiamo a Dio, se noi ci esercitiamo a questa dinamica del «pregare sempre, senza stancarsi mai».
L’ostacolo più grande è la distrazione, e devo dire che lo strumento che distrae di più e che maggiormente ostacola la dimensione della preghiera è la televisione: quando essa è sempre accesa nelle nostre case, allora è molto probabile che sia sempre spenta la preghiera, perché la televisione fatalmente riconduce a sé la nostra attenzione e non permette che riconduciamo a Dio i fatti e le persone. La televisione ci impedisce di pensare in proprio, se continua a parlare. Eliminarla non si può, si deve però usarla e fruire del poco di bene che ci può dare, evitando il rischio di diventare noi strumenti della televisione.
Vorrei spendere una parola in più oggi, perché riprende l’attività del catechismo. Le parole di san Paolo sembrano scritte apposta. A Timoteo dice: «Rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente». Ciascuno si domandi: che cosa ho imparato? Ho il sospetto che qualche cristiano adulto possa trovare difficile rispondere, dando un contenuto esplicito a ciò che ha imparato. Di conseguenza, come farà mai a rimanere saldo? Il tempo di imparare non finisce mai, certo, e nulla è perduto, ma occorre non perdere le occasioni favorevoli. Aggiunge san Paolo: «Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia… Tutta la Scrittura è utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona». È bella questa circolarità che l’Apostolo ricorda all’amico, di cui egli è stato il catechista. Sin dalla prima elementare ci piace chiamare i nostri bambini al catechismo, perché fin dall’infanzia imparino a conoscere la Bibbia. E insieme devono conoscere coloro che gliela insegnano. Anzi, dovrebbero conoscere la Bibbia attraverso la conoscenza di chi gliela fa apprendere, in un tutt’uno educativo. La trasmissione cristiana non può fare a meno di volti, di vite umane, di passione educativa. Il catechismo è questo. Tende a creare un uomo completo e ben preparato nel bene.