SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI
La parola «santo» suscita in noi un grande rispetto, ma anche una grande distanza. Dice qualcosa che è molto vicino a Dio, che ne ricopia in terra la perfezione. Dice una vita realizzata, la cui santità è stata riconosciuta dopo la morte, ma di cui si è avuta la percezione anche prima. Di Giovanni Paolo II o di Madre Teresa, tanto per fare due esempi a noi vicini nel tempo, la santità avvertita dalla gente comune era così forte che li si sarebbe voluti santi subito, senza alcun processo di beatificazione e di canonizzazione. Invece, la Chiesa percorre questa strada di analisi della vita – talvolta anche molto lunga – prima di arrivare a pronunciarsi sulla santità di una persona e di elevarla agli onori dell’altare. Oggi, però, nella solennità di Tutti i Santi, non abbiamo a che fare con questi campioni della fede, riconosciuti santi dalla Chiesa. Essi hanno, ciascuno, un loro giorno lungo l’anno per essere venerati. Questo primo giorno di novembre porta sull’altare altri santi, alcuni dei quali magari abbiamo conosciuto, e che forse non finiranno mai su nessun calendario. Sono forse santi di serie B? Affatto. Se diamo ascolto alla pagina dell’Apocalisse, essi sono «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua», accomunati dal fatto di venire «dalla grande tribolazione». Portano «vesti candide» e si direbbe che sono tali perché le hanno lavate «rendendole candide nel sangue dell’Agnello». Questo linguaggio non è di immediata comprensione, ma la potenza dell’immagine è assicurata.
Che cosa significa? Chi sono i santi che veneriamo oggi? Sono uomini e donne di ogni tempo e di ogni luogo della terra, e su questa terra si direbbe che sono passati attraverso una grande tribolazione. Una guerra mondiale? Una devastante carestia? Un terremoto disastroso? Nulla di tutto questo. La grande tribolazione è semplicemente la vita terrena. I santi sono persone che hanno vissuto sino in fondo la loro vita. Hanno avuto una famiglia, amato un marito o una moglie, cresciuto dei bambini. Oppure hanno donato la loro vita nella consacrazione al Signore e sono stati parroci, missionari, monaci, religiosi, suore. Magari non si sono sposati e nemmeno sono diventati preti o suore. La prima cosa da capire oggi è proprio questa: la santità è un cammino di vita, quasi sempre normale, segnato da gioie e fatiche (e spesso ciò che dà gioia è anche motivo di fatica). Una certa idea di perfezione è lontana dalla santità, perché crea delle nicchie che sono riservate a pochi. La perfezione del santo, invece, come dice la parola stessa, è un processo che mira al compimento, che lo persegue tenacemente dentro il tessuto della vita quotidiana.
Assai bella è, allora, la visione dell’Apocalisse di una moltitudine di persone avvolte in vesti candide – quindi, sembrerebbe, già perfette – ma si dice poi che questo candore non è caduto giù dal cielo, ma è il frutto di un continuo lavare le vesti. Il santo, dunque, è uno che si sporca, proprio a contatto con la vita, e si sporca talvolta come tutti gli altri. Trova, però, la forza e il coraggio di lavarsi continuamente. Ciò che lo rende santo – «candido» – è il «sangue dell’Agnello». Immagine davvero paradossale, che dice un modo particolare di affrontare la tribolazione della vita. Il santo è uno che fatica come tutti, che attraversa le stesse difficoltà di tutti gli uomini, ma che sa ricondurre a Gesù Cristo ogni cosa. Lavare la propria veste con il sangue dell’Agnello significa accettare che la propria vita, che si sporca a contatto con il mondo, conosca e faccia sua la legge del Vangelo, in cui vince chi perde, chi si fa ultimo e sa umiliarsi, chi ama nonostante tutto, chi perdona, chi accetta di ricominciare da capo, chi esercita la pazienza, chi sa scoprire le tracce di bene. Si potrebbe riprendere il profilo dettato dalle beatitudini. Il santo è uno che si lamenta perché la vita quaggiù è una tribolazione? Sì, ma poi la attraversa con fortezza e prudenza, perché si fida di Dio e a Lui si affida continuamente. E Dio lo premia facendogli intravedere la gioia proprio nelle stesse pieghe della tribolazione. Lo premia già ora, qui in terra, per cui il santo è visibile e luminoso anche se umile e nascosto. Dobbiamo allora dircelo oggi: la santità è un cammino che fa per noi. Un cammino che possiamo scegliere.