COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI
Una delle parole più belle di Gesù, una promessa consolante e – se ci fidiamo di Lui – una certezza che cambia il nostro modo di vivere, sta proprio nel vangelo che ci viene proposto oggi. Gesù parla alla folla e afferma di essere venuto a fare la volontà del Padre. E qual è questa volontà di Dio? «Che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato». Proprio domenica abbiamo ascoltato il brano evangelico di Zaccheo. Gesù in quell’occasione commenta così di se stesso: «Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». Come a dire: se anche qualcosa è andato perduto, io lo cerco e lo salvo! Gesù dimostra agli abitanti di Gerico, i quali avevano messo Zaccheo nell’elenco degli irrimediabilmente perduti, che «anch’egli è figlio di Abramo», cioè che anche Zaccheo fa parte di quanto il Padre gli ha dato e che egli è chiamato a non perdere. La volontà del Padre, quindi, quella che Gesù da Lui inviato nel mondo compie, consiste nel non perdere «nulla». Possiamo anche specificare meglio e dire «nessuno». Ogni uomo e ogni donna sono stati dati dal Padre a Gesù – non possiamo dubitare che sia così – ed egli si è impegnato a non perdere nessuno. Questa espressione è così perentoria che sembrerebbe togliere spazio all’inferno, alla dannazione eterna. Non è così. Questa volontà del Padre affidata al Figlio lascia inalterata la possibilità che l’uomo rifiuti Dio: senza questa possibilità, la nostra libertà sarebbe una barzelletta e l’amore diventerebbe una necessità. Ma deve essere chiaro che è una possibilità che Dio non vuole, anzi egli lavora alacremente affinché questa possibilità sia remota.
In questo giorno che la Chiesa dedica alla commemorazione di tutti i fedeli defunti, fermandoci al cimitero davanti al luogo in cui sono sepolti i nostri cari per innalzare a Dio una preghiera e per deporre un fiore, noi dobbiamo insieme fare memoria di questa volontà salvifica universale. E, se ci sembra che qualcosa fosse perduto o non del tutto ritrovato in quella persona a cui è andato il nostro affetto e che ci ha lasciato, a maggior ragione dobbiamo celebrare il sacrificio eucaristico – la Messa – per lui e credere fermamente che Gesù Cristo non abbia perduto neanche lui, che lo abbia preso tra le sue braccia, che lo abbia portato là dove non c’è pianto, nella dimora di luce e di pace del Padre. Il senso della giornata odierna sta tutto in questa speranza fondata sulla parola di Gesù. Questa fede cambia il modo di piangere i nostri cari che non sono più tra noi, ma deve cambiare anche il nostro modo di vivere. La fede nella risurrezione finale – perché Gesù non perde nulla e nessuno, proprio con il resuscitarlo nell’ultimo giorno – è, in realtà, una modalità di vita. Se la mia vita è stata pensata per non essere perduta e per essere risuscitata, allora devo impegnarmi nella trama dei giorni a onorare sino in fondo questa volontà che Gesù Cristo ha su di me. Il senso cristiano del morire si acquisisce attraverso il senso cristiano del vivere: non sono due cose disgiunte, ma che si compenetrano a vicenda.
Lasciate allora che vi suggerisca un modo di pregare per i defunti, un modo di portare un fiore sulle tombe o di accendere un lumino. Non sia affatto un gesto banale. Mentre diciamo il rosario per i defunti, affianchiamo un’Avemaria per i defunti ad una per i vivi in solidarietà profonda: la preghiera per i morti andrà a misterioso ed efficace suffragio per la loro salvezza, mentre la preghiera per i vivi avrà il senso di ricordarci la serietà con cui dobbiamo continuamente onorare le giornate che il Signore ci dona quaggiù. Non ha senso portare un fiore sulla tomba e poi vivere nell’affanno, nella distrazione, nel disordine. Non ha senso accendere una luce sulla tomba e spegnere la luce della fede nella trama quotidiana della vita. La ritualità di questi giorni rischia di essere pagana e frutto di un’abitudine più che di una consapevolezza. Invece, l’andare a far visita al cimitero è un gesto di fede, ed ha un senso solo come gesto di fede nella vita eterna e, dunque, nella vita terrena. Uscendo dal cimitero e tornando alle nostre case, dobbiamo sentire in cuore la gioia perché Gesù non vuole perdere nemmeno me, come non ha perduto i miei cari! E questa gioia deve diventare passione di vita e impegno di continua conversione.