Colpo di testa 129 / Scienza e fede tra ipotesi e certezze

Corriere di Como, 17 settembre 2019

Scienza e fede. Sotto questo titolo possiamo per comodità riassumere tutte quelle discussioni che trovano spazio in articoli relegati nelle pagine culturali dei quotidiani, in qualche rivista di settore o in libri necessariamente di nicchia. Come se il problema del rapporto tra scienza e fede sia un lusso per intellettuali che, a pancia piena, possono esibirsi in equilibrismi del pensiero da cui i più sono felicemente esentati. A dire il vero, bisogna riconoscere che talvolta questi testi sono così indecifrabili, da spiegare perché siano appannaggio di pochi eletti. Il problema, invece, è di tutti e non è tanto la diatriba tra due discipline che si contendono il primato, ma è il delicato equilibrio interiore dell’uomo, che è assetato di certezze e si trova ad annaspare affannosamente nei marosi della vita.

Farsi domande è ciò che caratterizza ultimamente l’uomo. Ora, proprio l’annullamento progressivo di questa facoltà – o meglio, il tentativo di eliminarla –  è la vera cifra della disumanità contemporanea. Si cerca di attuarlo in due modi. O provando ad anestetizzare il desiderio che erompe continuamente dal cuore dell’uomo, e in questa direzione va la potente macchina della distrazione e del divertimento. O credendo di sopire le domande con la certezza delle risposte, e questo è stato il sogno della rivoluzione scientifica di stampo positivistico, che ha pensato di poter costruire una mappa definitiva dello scibile umano. Ora, la scienza stessa ha superato questa chimera e ha accettato di essere una dispensatrice di ipotesi certe ma provvisorie, in attesa che la ricerca scientifica futura ne continui a dimostrare la fondatezza o ne sancisca il superamento in altre ipotesi più certe ma egualmente provvisorie.

Vivere al di fuori di questa dinamica della scienza è francamente impossibile. Però, bisognerà pur riconoscere che, se le scoperte scientifiche, continuamente trasformate in tecnologia sempre più avanzata, offrono risposte non ingannevoli e tali da soddisfare alcuni bisogni fondamentali dell’animo umano, purtuttavia non sanano del tutto l’ampio spettro delle domande che l’uomo si pone: le risposte della scienza, cioè, sono ormai percepite anche nella loro provvisorietà e quindi sono generatrici di sicurezza ma anche di ansia. Basterebbe portare qualche esempio nel campo della medicina per scoprire questa ambivalenza della scienza, in cui il campo della speranza della salute è sempre più ampio del pur ragguardevole spazio della salute raggiunta.

Quindi, paradossalmente, dovremmo parlare di fede nella scienza, ovvero di una fondamentale fiducia che ciascuno di noi è chiamato a nutrire nel progresso delle conoscenze scientifiche a servizio dell’uomo. E, d’altro canto, la scienza, proprio nel suo essere una tensione verso sempre nuovi traguardi, lascia aperta la porta alla fede in altro che non sia la scienza. Anzi, mi pare di poter dire che oggi la fede è utile all’uomo, più che nella sua funzione di dare risposte, nel compito irrinunciabile di suscitatrice di domande. Paradossalmente, è la scienza che vuole rassicurare l’uomo, mentre la fede rimette la sua vita in gioco.

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