VENTIQUATTRESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno C
È troppo bella da ascoltare questa pagina evangelica nella sua interezza: è come se Gesù avvertisse il bisogno di insistere nel ribadire una dimensione fondamentale del volto di Dio, la misericordia. Prima due brevi parabole, quella della pecora perduta e quella della moneta smarrita, poi la lunga coinvolgente storia dell’uomo e dei suoi due figli. In realtà le prime due parabole sono due domande, rivolte in modo da suscitare un tacito e scontato consenso: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?… Oppure quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova?». Evidentemente c’è una punta d’ironia nelle due domande, perché non è così scontato che un pastore lasci novantanove pecore sicure per avventurarsi nella ricerca insidiosa di una sola pecora smarrita (e se poi torna indietro e non trova più le novantanove che credeva di aver lasciato al sicuro?). Non è così scontato che una donna affaccendata abbia tempo da perdere per cercare una moneta (la prima volta che farà le pulizie, può darsi che la moneta salti fuori da sola!). Il modo di comportarsi del pastore e quello della donna non sono poi così ragionevoli! Potremmo tacciare il pastore di irresponsabilità verso le novantanove pecore. E alla donna diremmo che il tempo utilizzato per trovare la moneta perduta avrebbe potuto spenderlo meglio. Eppure, Gesù domanda, dando per scontata una risposta positiva: ogni pastore farebbe così, ogni donna si comporterebbe così… La misericordia ha una sua logica tutta particolare, secondo cui «99 vale 1», nel senso che ognuno è degno di amore totale. Dio è gioia di ritrovare quanto si era perduto, e ciascuno di noi è potenzialmente uno che si perde. È bello sapere che, indipendentemente da quanto vale e dal rischio che deve essere corso, Dio verrà a cercarlo. Gesù vuole dire: guarda che, quando sei perduto, Dio non ha occhi che per te!
La parabola del padre buono aggiunge a questa verità la ricchezza di una vicenda umana. Dio ci appare come un papà singolarmente fermo sui suoi principi: non li cambia né davanti al figlio minore che se ne va, né davanti al figlio maggiore che resta. Non insegue il primo, ma gli esce incontro al suo ritorno; non accetta la protesta del secondo, ma esce a spiegargli il suo amore. È un padre fermo, eppure continuamente… esce incontro. Dio è un padre così, un padre in cui l’amore è un mantenersi fermo in una verità che però sa accogliere, sa uscire fuori di sé pur senza perdere nulla della propria forza. Che cosa dà onnipotenza al suo amore? La misericordia, ovvero il saper scorgere l’umanità della miseria e il non lasciarsene scandalizzare fino al punto di smettere di amare. La misericordia, anzi, fa vedere le persone quando ancora sono lontane, le avvicina con il cuore, in modo che quando sono alla distanza del volto possa generarsi l’abbraccio. La misericordia non dice: «Ti amo perché te lo meriti!», piuttosto dice: «Ti amo senza scoraggiarmi perché so che il mio amore potrà renderti buono».
Potremmo domandarci: ma la misericordia, in questa sua logica strana, è totalmente immotivata e gratuita? No, il suo fondamento è scritto nella nostra natura creata, per questo Dio, il Creatore che ci conosce bene, usa misericordia con noi. Dio sa che il peccato è perennemente accovacciato all’uscio della nostra porta, conosce la sofferenza interiore che esso provoca, ma non dimentica di aver messo la sua immagine in ogni uomo e quindi sa – per usare le splendide parole di don Primo Mazzolari – che «in ogni errore v’è una verità sciupata, in ogni deviamento un senso di dirittura, in ogni nostro affetto insano un bisogno di amore puro». La misericordia si nutre di questa verità, ha questo unico decisivo fondamento. Per cui il padre non ama il figlio minore quando torna a casa, ma lo ama mentre se ne va e mentre è lontano da casa, e in realtà è proprio il suo amore, capace di vedere oltre l’errore, a farlo finalmente tornare a casa.