Domenica di Pasqua. Il duello dell’amore…

La risurrezione è semplicemente la vittoria già contenuta dentro l’amore e che esplode da dentro il sepolcro e si irradia come vita che non può più essere spenta da alcuna morte. La risurrezione si constata in una tomba vuota, dunque. Ma quel vuoto non è sufficiente. Può avere altre spiegazioni. Serve la pienezza di un incontro. Quello che Maria di Magdala avrà restando lì vicina al sepolcro già la mattina di Pasqua. Quello che i discepoli diretti ad Emmaus ebbero lungo la via in quello stesso giorno, il primo dopo il sabato. Quello che a sera fu donato agli apostoli riuniti nel cenacolo. Ma la risurrezione è l’amore che vince già sulla croce, come l’evangelista Giovanni vuole lasciare intendere. Ognuno di noi può fare l’incontro con il Risorto, amando sino alla fine: egli è presente lì, in una azione solo apparentemente sconfitta. La Sequenza pasquale ha plasticamente descritto questa vicenda dell’amore con l’immagine di un prodigioso duello in cui si sono affrontate la morte e la vita. In ogni amore questo duello si ripete. Quando si ama veramente, la vita va sempre incontro alla morte, al sacrificio della propria potenza, all’annientamento di se stessi. Gesù, sbeffeggiato sulla croce proprio perché, lui che è onnipotente, non scende, si lascia uccidere come l’ultimo degli inermi impotenti di questa terra. «Dux vitae mortuus. Il Signore della vita era morto». È l’uomo che si china a lavare i piedi dei suoi discepoli come l’ultimo degli schiavi. È l’uomo del servizio premuroso. È l’uomo della tenerezza, colui che, con il poco fiato che gli è rimasto nell’agonia della croce, pensa a consegnare la sua madre addolorata al discepolo che egli amava e a donare Maria a noi che siamo la sua Chiesa. La morte dell’amore consuma tutto. Tutto è compiuto, per cui l’amore «regnat vivus. Vivo trionfa». Il regno dell’amore è il regno della vita, ed è una vita che si genera dal sacrificio. Dovessimo capire che questo «prodigioso duello» è lo stesso che si consuma in ogni nostro amore, vedremmo stampata nella nostra vita la legge suprema della risurrezione di Cristo.

Impariamo quest’oggi i tre verbi del discepolo. Sono i verbi dell’amore di Pasqua: uscire, correre, credere.

Uscire, innanzitutto. Certo, Pietro e Giovanni escono perché Maria di Magdala li ha sconvolti con il suo annuncio. Ma quante volte noi restiamo rintanati nelle nostre abitudini, nelle nostre consuetudini, nelle nostre pretese certezze. Pensiamo di avere tutto in casa, di accendere il nostro televisore, il computer con l’adsl superveloce e di arrivare ovunque, di sapere tutto, stando fermi. Gli occhi, se uscissero, potrebbero assumere uno sguardo nuovo sulle persone e sul mondo. Le mani, se uscissero, potrebbero venire a contatto con realtà sconosciute. Le orecchie, se uscissero, si perderebbero nell’ascolto di ciò che non sappiamo. Papa Francesco insiste continuamente nello stimolare la Chiesa ad essere «in uscita», capace cioè di annunciare a tutti la gioia del Vangelo.

Correre sembra un verbo che conosciamo bene. La nostra vita è sempre di corsa, perché ci manca sempre qualcosa, dobbiamo raggiungere questo o quel traguardo, dobbiamo fare questo e quello, e insegniamo anche ai nostri figli a correre come corriamo noi. Pietro e Giovanni, però, corrono perché Maria ha loro detto che «hanno portato via il Signore». Noi, ci siamo accorti che il Signore ce lo stanno portando via dalla famiglia, dalla scuola, dalla cultura, dalla società? Forse no, ma certo non corriamo per questo. Siamo distratti da mille cose, ma non siamo particolarmente preoccupati delle cose del Signore.

Credere è il verbo che caratterizza di più il discepolo di Gesù. È un verbo sempre aperto, perché la nostra fede cresce (o diminuisce) a seconda delle esperienze che noi le regaliamo. Mi pare proprio che in tanti abbiano colto quest’anno l’occasione di crescita della fede, fornita dalla Quaresima ricca che abbiamo ricevuto in dono, grazie all’itinerario dell’iniziazione cristiana di Yupin. Ma l’avventura della fede continua, e la Pasqua ogni anno viene a darle il fondamento della risurrezione.

Mettiamoci dunque nel cuore amante di Maria di Magdala, nella corsa generosa di Pietro e Giovanni, così da ritrovare anche noi, davanti al sepolcro vuoto, la pienezza del Cristo risorto.

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One thought on “Domenica di Pasqua. Il duello dell’amore…

  1. A proposito di USCIRE, quello che scrive, è vero! Ci sono delle persone che rifiutano gli incontri e che escono quando non c’è nessuno, proprio per non vedere nessuno e non perdere tempo, esempio mia mamma ma io ho capito che le relazioni con estranei arricchiscono più ancora di quelle con i familiari. Invece a proposito di CORRERE, è una buona cosa accellerare i tempi per lasciare spazio all’incontro con Gesù davanti al Tabernacolo per esempio oppure per visitare una persona inferma. Non è bello questo?

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