«Credere e conoscere». S’intitola così il libro in cui dialogano Carlo Maria Martini e Ignazio Marino. Bisogna trovare il coraggio di cambiare quella congiunzione in un verbo: credere è conoscere. La fede non è un semplice surrogato della conoscenza vera, che scende in campo in menti deboli e su terreni sdrucciolevoli. No, la fede conosce, eccome, secondo quel famoso testo agostiniano, che dice così: «L’intelligenza è il frutto della fede. Non cercare dunque di capire per credere, ma credi per capire, poiché “se non credete, non capirete”». Chiosa Jean-Luc Marion: «Non si tratta di vedere, cioè di conoscere in modo “chiaro e distinto”, per credere sempre di più, ma, al contrario, di credere per essere in grado di vedere e comprendere». Secondo questo filo conduttore si compone il volume appena pubblicato da Lindau – Credere per vedere. Riflessioni sulla razionalità della Rivelazione e l’irrazionalità di alcuni credenti (pagine 276, euro 24,00) – e che raccoglie dodici testi del filosofo francese – inediti in Italia – che trattano il tema classico del «vedere per credere», unitamente al rapporto tra la nostra ragione e la possibilità di avere fede, oggi. La prospettiva con cui Marion affronta questa questione non è affatto quella della difesa della fede da chi la vorrebbe degradare a razionalità povera; anzi, è «la difesa dei diritti della razionalità, affinché non abbandoni dei campi interi del pensabile». Insomma, senza la fede la ragione è povera, perché «il contrario della fede non consiste tanto nel dubbio, nella miscredenza o nell’incredulità, ma nella malafede… così come il contrario della razionalità non va ricercato nell’irrazionalismo, non si trova neppure nella credenza, ma nell’ideologia… Bisogna quindi articolare razionalmente e quindi in buona fede il rapporto tra fede e ragione».
Il cristianesimo è un terreno fertile per questo dialogo perché il cristianesimo esalta entrambe e la ragione rettamente intesa non nega alla religione la dimensione della conoscenza. Accade che la ragione non riesca ad abbracciare tutto quello che viviamo e, a quel punto, l’alternativa al conoscere per fede è solo il regno della credenza. Il sonno della ragione finisce nell’incubo dell’ideologia e dell’idolatria. «Se non si perde la fede per eccesso di pratica della razionalità – scrive Jean-Luc Marion – può accadere al contrario che si perda in razionalità allorché si esclude troppo in fretta la fede e l’ambito che essa dice di aprire, cioè quello della Rivelazione». L’autore dedica i suoi saggi a temi quali la trascendenza, i sacramenti, la santità, il nichilismo, l’infinito, il laicato, gli intellettuali cattolici, il futuro del cattolicesimo, la Rivelazione, il mistero, i miracoli, il paradosso. Segnaliamo – nel clima di questo tempo della Pasqua – il saggio pubblicato del 2001 nell’Hommage au cardinal Lustiger e dedicato a commentare il racconto lucano dei discepoli di Emmaus.
Jean-Luc Marion, nato nel 1946, è filosofo di fama internazionale, titolare della cattedra di Metafisica alla Sorbona di Parigi e professore all’Università di Chicago. Il 6 novembre 2008 è stato eletto all’Académie Française, dopo la morte del cardinale di Parigi Jean-Marie Lustiger. Co-fondatore della rivista cattolica «Communio» (con Joseph Ratzinger, Hans Urs von Balthasar e Henri de Lubac, tra gli altri), Marion è autore di numerose opere tradotte in tutto il mondo. Tra quelle uscite in Italia, ricordiamo: Dio senza essere; Il fenomeno erotico; Dialogo con l’amore; Il visibile e il rivelato; Riduzione e donazione. Ricerche su Husserl, Heidegger e la fenomenologia.