EPIFANIA DEL SIGNORE

Dei Magi mi colpisce soprattutto il coraggio, la costanza nell’inseguire la luce di una stella. È vero, essi sono convinti che la stella sia solo un segno. Ciò che cercano è un significato. Cercare un senso nella vita è ciò che ci rende veramente uomini.
La stella non brilla sempre, ma la ricerca non si ferma: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?». Che coraggio andare alla corte di Erode a fare questa domanda. Certo pensavano che un re potesse nascere in una reggia. Eppure non si fermano, continuano il viaggio, arrivano a Betlemme in una umile casa dove c’è una donna con un neonato. Mettono l’oro, l’incenso e la mirra davanti ad un bambino. Uomini partiti con un grande segno celeste, prostrati a terra davanti ad un umile segno terrestre.
Sì, perché il bambino diventa il nuovo segno da seguire, il significato che fa cambiare strada. Tornano, infatti, al loro paese – lo stesso da cui erano partiti – ma percorrendo una strada nuova: non più con una stella nel cielo, ma con un bambino nel cuore. Il gesto dell’adorare è molto evocativo: dice la distanza quasi per il rispetto profondo, e insieme il desiderio di baciare, di portare quel bambino «vicino alla bocca» (ad-orare). Se è vero, dunque, che la mangiatoia di Betlemme è scomparsa dalla scena, Gesù continua ad essere il Bambino divino che si vorrebbe mangiare, talmente è bello, talmente è grande il mistero che Egli rivela agli uomini.
Mi vien da pensare ai tanti – bambini e adulti – che in questi giorni non sono venuti qui ad adorare Gesù Bambino, che sono stati dediti a tante altre cose, ma sono come rimasti nella reggia di Gerusalemme con Erode e la sua corte di sapienti, pigri e distratti. Erode è l’anti-Natale per eccellenza: se ne sta ingessato nella sua abitazione, manda i Magi a Betlemme, ma lui non ci va. Sarebbe bello che, in extremis, quando le feste del Natale vanno finendo, ci sia ancora qualcuno che osi fare la domanda dei Magi: «Dov’è colui che è nato?». Dovremmo saper dare una risposta. Anzi, tornando all’ordinario, dovremmo saper essere noi con la nostra vita la risposta a quella domanda.
I saggi sono così saggi da non scandalizzarsi per aver trovato il re che cercavano in un’ umile dimora, in un piccoletto pipiroso. Si fidano della stella. Anche noi saputelli siamo invitati presso quel bambino così simile a ogni bambino, così straordinario nella sua umiltà. Oh, sì; se qualcuno chiede ” dov’è colui che è nato?” Noi potremmo rispondere ” Qui, nelle mie braccia”
Ad-orare voler baciare il Bambino che Gesù continua ad essere; vivere nella carne…
I Magi, sapienti uomini di scienza, hanno la curiosità, il coraggio e la costanza nell’inseguire la luce di una stella. Nell’intraprendere il lungo viaggio i Magi comprendono che la stella è un segno, ma non si limitano alla ricerca “scientifica” e cercano, attraverso il segno celeste, un significato. Lo trovano nel Bambino, un umile segno terrestre… Infatti la scienza si limita a spiegare il come, ma non ci dice il perchè! Ben scrive don Agostino: “Cercare un senso nella vita è ciò che ci rende veramente uomini.”