Colpo di testa 180 / Il professore assassinato e la libertà di espressione

Corriere di Como, 20 ottobre 2020

Quanto avvenuto venerdì in Francia, con il barbaro assassinio dell’insegnante Samuel Paty per mano di un rifugiato ceceno, è un’appendice violenta ai fatti del gennaio 2015, quando dodici persone persero la vita nella mattanza islamista seguita alla pubblicazione sul settimanale satirico “Charlie Hebdo” di alcune vignette di Maometto. Una ferita è stata riaperta e con essa anche un dibattito che la Francia fatica sempre ad affrontare. Naturalmente il vile attentato non ha alcuna giustificazione e va condannato senza se e senza ma.

L’insegnante da alcuni giorni era esposto ad un fuoco di fila da parte di alcuni genitori della scuola media in cui insegna Storia e Geografia ma anche Educazione civica e morale, perché durante una lezione avrebbe mostrato alcune delle famose vignette su Maometto agli alunni, alcuni dei quali di religione musulmana. Forse il prof. Paty aveva anche cominciato ad aver paura, perché la vicenda, grazie alla Rete, era uscita dai confini della scuola di Conflans-Sainte-Honorine. Sta di fatto che, mentre la polemica era ormai innescata, è accaduto l’irreparabile.

Il premier francese Jean Castex ha dichiarato: «Nelle nostre scuole, ovunque i nostri insegnanti continueranno a risvegliare lo spirito critico dei cittadini». Parole condivisibili che riguardano la tutela della libertà d’espressione: essa deve essere garantita ed è un traguardo comunque raggiunto in una larga parte del mondo. Non è possibile accettare il ricatto psicologico che è connaturale a forme di violenza come quella perpetrata in Francia nei giorni scorsi. L’Occidente non deve assolutamente fare marcia indietro, anzi deve chiedere che il riconoscimento della Carta dei Diritti umani – in cui la libertà d’espressione va a braccetto con la libertà religiosa – sia un punto fondamentale per valutare l’idoneità di una nazione a far parte del consesso dei Paesi civilizzati.

Eppure questo principio non negoziabile deve poi disciogliersi nella realtà concreta e trovare le vie più intelligenti di attuazione. Ad esempio, non mi trovo assolutamente d’accordo con quanto dichiarato dall’ex primo ministro francese Manuel Valls: «Tutti i giornali adesso dovrebbero pubblicare le vignette su Maometto». Trasformare un fiammifero in una polveriera è socialmente imprudente ed è una inutile prova di forza. Soprattutto sul terreno educativo – che era poi quello in cui era impegnato l’insegnante ucciso – l’azione deve tendere ad includere piuttosto che ad escludere.

Mi spiego. Sembra che il prof. Paty abbia concesso la possibilità di uscire dalla classe a quegli alunni che potevano sentirsi disturbati dalla vista delle vignette. Esigenza giusta, quella del rispetto, ma coniugata nel modo sbagliato. Per assurdo, infatti, in una lezione sulla libertà d’espressione, fuori della classe rischia di trovarsi proprio chi ha più bisogno di imparare ad usarla. Il rispetto è il segno di una libertà che non è mai assoluta e inderogabile ma è sempre in situazione. Un rispetto che, però, deve essere inclusivo e non escludente. Magari è lento, ma così può guarire l’impulsività della libertà.

Bisognerebbe trovare le parole giuste per dire che la libertà d’espressione così intesa è sacrosanta. E forse trovare il coraggio di dire anche che quelle vignette non ne sono affatto una perfetta attuazione.

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2 thoughts on “Colpo di testa 180 / Il professore assassinato e la libertà di espressione

  1. Questo colpo di testa è proprio “controcorrente” e fa meditare in profondità. Non posso che condividere la condanna al gravissimo attentato. Mi sento però invitato a riflettere sul modo di coniugare una lezione sulla libertà di espressione, che dovrebbe tendere ad includere e non ad escludere. Se, quando (anni ’60) apprendevo la lingua francese a Caen in Normandia, un docente per mostrare le vignette su Maria mi avesse concesso, come cristiano, la possibilità di uscire dalla classe mi sarei offeso. L’avrei ritenuto non un gesto di rispetto, ma di esclusione.

  2. Non penso proprio che la libertà di espressione autorizzi a deridere (in modo anche volgare) il credo, le idee, la vita altrui. Tra l’altro Charlie Hebdo ha pubblicato vignette oscene anche sul Papa: certo noi non tagliamo teste. Un insegnante, poi, dovrebbe ben guardarsi dall’usare certe scorciatoie: offendere (anche chi è in errore) non è buon sistema perché i mezzi sono importanti come il fine. Ieri con l’attentato di Nizza abbiamo valutato come basti poco ad innestare tragedie. E oggi ancora un sacerdote ortodosso ferito a Lione. Con tante sofferenze è folle provocare altre sofferenze. Per che cosa poi? Altra cosa è il dialogo, altra cosa è la paziente tessitura di rapporti costruttivi fra le persone e le culture.

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