VENTINOVESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A
«Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Questa risposta di Gesù è famosissima e nel corso di due millenni è stata interpretata in modi diversi. La spiegazione più comune ne ha fatto l’affermazione della separazione senza interferenze tra Stato e Chiesa, tra potere politico e potere religioso. Siamo talmente sicuri che è così, che dimentichiamo ormai di porci di fronte a questa espressione di Gesù in un’altra ottica, più fedele al contesto in cui essa è nata. I farisei vogliono coglierlo in fallo e che cosa fanno? Individuano un argomento di confine, uno di quelli su cui c’è contrasto, meglio ancora se vi sono due posizioni chiaramente contrapposte.
L’occupazione romana della Palestina era considerata dai farisei una maledizione di Dio. Gli erodiani pensavano invece che fosse una benedizione. Per mettere in difficoltà Gesù nasce un’alleanza tra nemici. Vanno da lui, farisei ed erodiani insieme. La domanda è insidiosa e, qualunque risposta avesse dato Gesù, sarebbe stato passibile di una condanna, o da uno o dall’altro dei contendenti. Il procedimento seguito da Gesù è di grande intelligenza e astuzia. «Mostratemi la moneta del tributo». Vuol dire intanto che egli non ne ha una… Il potere di colui che ha fatto mettere la sua immagine sulla moneta – l’imperatore – è circoscritto al luogo in cui circola quella moneta. La si prende e la si rende, continuamente. Entro quel perimetro – che dice l’accettazione di un contratto tra uomini – Cesare ha un suo potere.
Sottinteso c’è tutto un discorso, che vale sia per gli erodiani filoromani che per i farisei antiromani, e che riguarda un’altra immagine impressa nella vita di tutti gli uomini, l’immagine di Dio. Tutti a Dio appartengono perché di Dio sono immagine. La vera sfida riguarda questa immagine, questa “moneta”, che si rende, con la vita, all’Unico che può accampare un potere universale e non circoscritto. Con una differenza sostanziale: Egli, quella moneta l’ha donata e desidera riceverla in dono. Lo Stato e la Chiesa non c’entrano. C’è in gioco la vita con la sua dose di libertà e fraternità.
È questo episodio un’autentica lezione di libertà: diamo a Cesare ciò che gli compete, ma la vita”vera” non gli appartiene, mai.Gesù è pegno e segno di questa libertà che solo noi possiamo sprecare e annullare consegnandoci al denaro, al potere esterno fino all’idolatria.
Dio, invece ci ama nella nostra libertà, persino nelle nostre ribellioni. Ci ama così come siamo, aiutandoci ad essere – però- il meglio che possiamo (ma dobbiamo volerlo veramente)
Nessun Cesare può impedirci di essere buoni, di mutare i nostri pensieri e i nostri sentimenti; di essere NOI; neppure di essere quel noi che Dio desidera.
Dov’è la parte di Dio? Quella la posso trovare nella straordinaria natura che mi circonda e in tutti noi che siamo fatti a Sua immagine e somiglianza: Gli apparteniamo. Il non facile compito è quindi quello di riconoscermi per riconoscerLo! In modo non convenzionale e profondo posso ora comprendere il messaggio della parabola, grazie all’insegnamento di don Agostino e Anna. “C’è in gioco la vita con la sua dose di libertà e fraternità”.