SECONDA DOMENICA DOPO NATALE
Siamo abituati a considerare difficile questa pagina evangelica che ci viene proposta nel giorno di Natale e in questa seconda domenica dopo Natale. Volentieri passiamo oltre, considerandola materiale per filosofi e teologi di professione. Invece essa contiene una specie di riassunto del Vangelo. Un pro-memoria da tenere presente per ricordarci chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Domande fondamentali per ogni uomo, a cui il Vangelo ha una sua risposta da offrire.
Vorrei proporvi una riflessione di san Bernardo di Chiaravalle, monaco e teologo vissuto nel dodicesimo secolo. Un suo discorso è conosciuto come «discorso dell’acquedotto». Non è un trattato di ingegneria idraulica! L’immagine dell’acquedotto viene da lui usata per magnificare il ruolo di Maria nel mistero dell’Incarnazione di Cristo (il discorso, infatti, fu pronunciato nella festa della natività di Maria): ella è come l’acquedotto che ci porta l’acqua fresca della salvezza. «La vena di quest’acqua celeste – dice Bernardo – arriva attraverso un acquedotto, non manifestando tutta l’abbondanza della sorgente, ma facendo scendere sui nostri cuori assetati come un gocciolio di grazie». Bella questa immagine! Ci introduce alle parole iniziali del prologo di Giovanni. «In principio» c’è una sorgente abbondante, inesauribile, da cui tutto dipende. Questa parola – «in principio» – non è una variazione letteraria del «c’era una volta» con cui iniziano le favole. Questa non è una favola, è storia, la storia di Dio, ma Dio non c’era una volta, perché c’è sempre stato. È, appunto, «in principio».
Torniamo al sermone di san Bernardo. «“In principio era il Verbo”. La fonte zampilla già – commenta – ma ancora in se stessa soltanto. “E il Verbo era presso Dio”, in una luce inaccessibile. I tuoi disegni sono ancora celati in te, Signore, e noi non sappiamo quel che tu vai ideando per la nostra salvezza». Cioè: la sorgente è ricca di acque, ma noi non possiamo raggiungerla, è fuori dalla nostra portata umana. Se ci pensiamo bene, ogni religione è un tentativo di raggiungere Dio, uno sforzo umano per arrivare sino a quella sorgente che sta «in principio». E talvolta lo sforzo è sovrumano. Dio resta inaccessibile. Lo dice anche Bernardo. Sennonché «il Verbo si è fatto carne ed abitò fra noi». È il mistero del Natale, della Incarnazione: è la costruzione da parte di Dio di un acquedotto per portarci la sua acqua, evitandoci lo sforzo sovrumano per raggiungerla. «Prima dell’incarnazione – dice Bernardo – l’uomo non riusciva a pensare a Dio se non attraverso il fantasma che si faceva di lui nel proprio cuore». Come è vero! Quante religioni sono tentativi umanissimi di costruire un fantasma di Dio per adorarlo. Anche noi, talvolta, rischiamo di regredire a questo stadio religioso, quando fabbrichiamo un Dio a nostra immagine, snobbando il grande dono dell’incarnazione di Gesù Cristo, che continua ad essere un «fatto» nel suo corpo che è la Chiesa.
Dunque, «Dio era assolutamente inconcepibile e inaccessibile, invisibile e inimmaginabile. Ora, invece, egli volle diventare comprensibile, visibile e immaginabile. In che modo, mi chiedi. Ecco: nel presepio, nel seno verginale di sua madre, predicando sul monte, trascorrendo le notti in preghiera, inchiodato alla croce, pallido nella morte, libero tra i morti e dominatore negli inferi, risorto dopo tre giorni apparendo agli apostoli per mostrare loro i fori dei chiodi quale segno della sua vittoria, e di nuovo davanti a loro mentre sale ai cieli altissimi. A qualunque di questi fatti io pensi, penso Dio stesso, che in ogni fatto si rivela il mio Dio».
Meditiamo nel nostro cuore queste parole di san Bernardo, rinnovando in questa domenica la gioia del Natale che Giovanni ha così bene condensato all’inizio del suo Vangelo. Egli non sta raccontando una sua pensata filosofica, prodotta a tavolino in un momento di particolare fervore. Egli sta dicendo che la sua esperienza di toccare il Verbo fatto carne è valida per tutti gli uomini. L’acquedotto continua a darci l’acqua della sorgente.