Corriere di Como, 17 dicembre 2019
La zoologia in politica sembra vivere una stagione feconda. Negli anni passati si preferì la botanica – ulivo, quercia e cespugli vari – mentre ora si va formando un piccolo “bestiario”. Il linguaggio dei politici, a dire il vero, si è parecchio impoverito ed è divenuto quasi uno “sloganario” in cui riecheggiano sempre le stesse parole d’ordine. Del resto, i politici devono farsi comprendere dalla gente, e la povertà culturale in cui oggi navighiamo – sì, navigare è proprio il verbo giusto – si fonda su una drammatica esiguità di vocabolario, a cui la scuola sembra non riuscire ancora a porre rimedio.
Tornando alle fortune della zoologia in politica, bisogna ricordare che la dimensione simbolica degli animali è universalmente diffusa, tanto che comunemente additiamo negli animali stereotipi di vizi e virtù: di uno coraggioso si dice che è un leone, il vigliacco è chiamato coniglio, l’ignorante è un asino, di una ragazza intraprendente si dice che fa la civetta, mentre si paragona una persona scaltra alla volpe. Siccome la nostra società è liquida, tra gli animali del “bestiario” politico sono spuntate le sardine. Fino ad ora il pesce più famoso in politica era stato la balena bianca: il soprannome fu affibbiato da un giornalista alla Democrazia Cristiana, e piacque ai vertici di quel partito al punto di usarlo in uno slogan elettorale che diceva: «La balena bianca è grande, è mansueta e non inquina».
L’idea di alcuni giovani bolognesi è stata quella di convocare in piazza un movimento di protesta contro l’opposizione al Governo in carica – ed è la prima volta che questo accade – evitando però di portare bandiere di partito, ma fabbricandosi ciascuno una sardina per partecipare ad una sorta di «rivoluzione ittica della storia». Perché è stata scelta la sardina? Perché le sardine in scatola richiamerebbero l’immagine di stare tutti stretti stretti dentro una piazza, vicini e silenziosi come pesci, per abbassare i toni della politica urlata. Come tutte le immagini, anche questa ha il rovescio della medaglia: le sardine, quando sono tutte in fila dentro la scatola, sono belle che morte e buone solo da mangiare! È ovvio allora che dal florido “bestiario” della politica italiana siano presto spuntati i gattini e i pinguini, che le sardine se le mangiano.
Si racconta (I fioretti di san Francesco) che quel valente predicatore che era sant’Antonio a Rimini incontrò l’ostilità degli eretici che non volevano ascoltarlo. Il Santo si diresse allora in riva al mare e fece una commovente predica ai pesci – tutti, grandi e piccini, e c’erano presumibilmente anche le sardine ad ascoltare – riuscendo in tal modo a convertire i cuori degli uomini.
Chissà se il Santo saprebbe ripetere il miracolo di una salutare conversione della politica italiana. Non in piazza, però. Le piazze assomigliano a delle scatolette di tonno, e sono sempre contro qualcuno più che per qualcosa. Si finisce con il credere che sia più democratico e vincente chi in piazza porta più persone, e siamo sempre in balia delle discrepanze tra i numeri degli organizzatori e quelli della Questura. La democrazia – che pure i suoi difetti ce li ha – non è una piazzocrazia. Ha le sue regole e si fonda sulla Costituzione, sul voto e sul Parlamento. Con certe rivoluzioni non andremo lontano.