PRIMA DOMENICA DI AVVENTO – Anno A
Inizia un nuovo anno liturgico. E inizia con un… avvento. I cristiani hanno preso questa parola – adventus – dal vocabolario dei romani che con essa indicavano il giorno fisso in cui la divinità veniva ad abitare ogni anno nel tempio a lei dedicato. È fin troppo facile comprendere quale sconvolgimento avviene nel momento in cui i cristiani applicano questa parola al loro Dio. Una divinità? No, l’unico Dio che sta in cielo e che è venuto sulla terra, non però provvisoriamente, ma assumendo davvero una carne umana. Un giorno fisso? No, perché Gesù ha promesso di essere sempre presente in mezzo a coloro che sono riuniti nel suo nome, tutti i giorni dell’anno e tutti gli anni della storia. Un tempio? No, ovunque, senza alcuna limitazione di tempo e di spazio. Ma, in modo tutto particolare, Dio vuole abitare in quel tempio interiore che è il cuore di ogni uomo.
Caro don, tu ci stai parlando del Natale, non dell’Avvento, ma per arrivare a Natale mancano ancora quattro settimane! Vero. È normale che lo sguardo vada immediatamente alla meta. Del resto, adventus significa «venuta», ma è bene che ci mettiamo subito in testa una verità importante: il Natale non è e non sarà mai per un cristiano l’equivalente di un adventus di una divinità qualunque. La venuta di Gesù non è questione di un giorno all’anno. Se aspettiamo il Natale così, siamo già fuori strada. O meglio, siamo sulla strada in un modo sbagliato. Mi spiego, facendo ricorso ad un esempio: una bella escursione in montagna. Qual è il significato dell’essere su un sentiero che si inerpica sul pendio della montagna? Mi direte: il senso sta nell’arrivare alla meta, che essa sia la vetta, o un lago, o il rifugio, o un’ombrosa radura nel bosco. Vi rispondo: non solo lì. Sarebbe troppo poco incamminarsi e faticare, se il senso fosse solo alla fine. A me è capitato più volte, in montagna, di dover rinunciare al raggiungimento della meta. Nebbia, grandine, temporali: che si fa? Si torna indietro, si abbandona il proposito della partenza, si rinuncia alla vetta. Eppure non si può affatto dire che quell’escursione non ha avuto senso. Perché il senso sta altrove. Sta nella contemplazione di tutto quanto la montagna ti regala lungo il sentiero – i fiori, ad esempio – e sta nella compagnia degli amici che camminano con te – che bello è prendere per mano i più piccoli e camminare con loro – e sta nel ristoro costituito dalle soste, all’ombra di un abete, magari accanto ad una fonte zampillante di acqua fresca. Ecco: ciò che conta nel cammino è aprire gli occhi e tenerli bene aperti. La meta è come anticipata dentro ogni attimo del cammino. Ciò che sta in fondo al sentiero è misteriosamente presente già lì, in ogni passo che ti conduce avanti.
Che cosa significa questo per noi, camminatori verso il Natale lungo il sentiero dell’Avvento? Significa che queste quattro settimane sono già Natale, contengono già i segni di una presenza. Il Signore Gesù cammina già al nostro fianco. Ora, se è vero che fra quattro settimane faremo solennemente memoria della sua venuta nella storia che si è già verificata duemila anni fa, e se è vero che viviamo nell’attesa del suo ritorno, pronti sempre ad accoglierlo, perché non conosciamo il giorno preciso in cui Cristo tornerà, allora è altrettanto vero che la nostra attesa è già abitata da una presenza, un po’ come una madre che dice di essere in attesa di un bambino, ma il bambino è in realtà già dentro di lei e prende forma giorno per giorno. E che fa questa madre? Vive protesa solo al giorno del parto? No, vive ogni giorno nella premura per quel figlio che porta in grembo. È attenta ad ogni movimento. Gode già, attimo per attimo, di quella vita che si porta dentro.
Ecco, l’Avvento è così. È un’attesa già abitata da una presenza. È un cammino che, al di là della meta, riserva già le sue sorprese. Così vogliamo viverlo. Consapevoli che l’Avvento di quest’anno è unico, né uguale a quello dell’anno scorso, né a quello che Dio vorrà donarci l’anno prossimo.
Non lasciamo che ci rubino il nostro tesoro, quel Gesù che attendiamo. Vigiliamo sulla nostra vita, affinché in essa vi sia posto per Dio e non solo per le cose. Sia per noi un dono il tempo dell’Avvento che oggi inizia. Tempo di vigilanza, tempo di preghiera, tempo di attesa operosa.