Lasciarsi scandalizzare e… credere

QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA – Anno A 

«Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Questa domanda di alcuni Giudei è quella che ci rappresenta meglio in tutta la vicenda di Lazzaro. Assomiglia, in fondo, all’espressione di Marta e Maria: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Mentre, però, nell’esclamazione delle due sorelle si respira il grande affetto per Gesù e fa capolino la fede in Lui come Signore, nella domanda dei Giudei c’è la protesta non disgiunta da un senso di sfida. L’episodio della risurrezione di Lazzaro, nel nostro cammino quaresimale, è quello che precede immediatamente il racconto della passione di Gesù. L’evangelista Giovanni lega strettamente i due fatti: proprio la paura che il clamore per la risurrezione di Lazzaro, avvenuta a Betania a tre chilometri da Gerusalemme, possa aumentare la fama di Gesù convince il sommo sacerdote Caifa ad organizzare il suo arresto e la sua morte. Aveva ragione l’apostolo Tommaso, il quale, quando Gesù decide di andare a casa di Lazzaro, intuisce che si tratta di un viaggio fatale, ed esclama, rivolto agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

Ma torniamo alla domanda dei Giudei. Essa rappresenta il nostro fremito di protesta di fronte alla morte. «Non è giusto», diciamo, quando muore una persona cara. Gesù stesso rimase molto turbato nell’avvicinarsi al sepolcro di Lazzaro. La morte è sempre un avvenimento dentro il quale opera la potenza del male. Eppure, da credenti, come lo erano Marta e Maria, avvertiamo un senso di scandalo: come è possibile che Gesù non abbia fatto nulla per impedire la morte del suo amico Lazzaro? Perché ora piange, ma, raggiunto dalla notizia che Lazzaro era gravemente malato, è rimasto fermo due giorni nel posto in cui si trovava con i suoi discepoli prima di partire alla volta di Betania? Qui si tocca il mistero profondo dell’uomo, il quale è sì amato da Dio, ma si sente come abbandonato alla morte. Si dice che «Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro», eppure arriva volutamente tardi, a funerale ormai concluso. Perché?

Questo scandalo non può essere eliminato. Gesù stesso non lo elimina: si lascia anche lui commuovere, anche lui piange. Evidentemente, il Figlio di Dio non si è fatto uomo per sovvertire il ciclo normale della vita fisica, non intende liberare l’uomo dalla morte biologica e anche Lazzaro, a cui questa vita viene ridonata, sarà costretto a morire una seconda volta! La speranza che Gesù è venuto a portare con la sua vita e con la sua parola non sta affatto in un uomo che esce dal sepolcro con i piedi e le mani ancora avvolte nelle bende della nostra fragilità. La vita che egli dona non è affatto un tornare indietro a questa vita, comunque segnata da un sepolcro. Così come la luce donata al cieco non era un semplice vedere fisico con gli occhi del corpo. E l’acqua donata alla samaritana non stava in fondo ad un pozzo e nemmeno poteva essere contenuta in un’anfora. Lo scandalo della morte resta, ma c’è uno sguardo diverso che aiuta a superarlo, invece che arrestarsi alla sua evidenza. È lo sguardo del cieco risanato che crede in Gesù come a Colui che gli ha aperto il cuore e ha dato alla sua vita il coraggio di un autentico vedente. È lo sguardo rinnovato di Marta che vede in Gesù, proprio quell’amico che è arrivato in ritardo, «il Figlio del Dio vivente», ovvero colui che, essendo vicino a lei, è già adesso «la risurrezione e la vita», colui che può andare oltre la frontiera della morte, non eliminandola ma superandola, non facendoci tornare indietro alla vita degli uomini, ma accompagnandoci oltre nella vita stessa di Dio.

È necessario, dunque, lasciarsi scandalizzare. È necessario provare il turbamento e piangere. Ma tutto ciò «è per la gloria di Dio». Serve a saper vedere nella croce non l’abbandono da parte di Dio, ma il supremo sigillo della sua presenza. La vicenda di Lazzaro, dunque, ci porta in anticipo davanti alla Croce su cui morirà il Figlio di Dio. Nella sua drammatica vicenda, che ci apprestiamo a rivivere nella Settimana Santa, diventano vere le parole di Gesù a Marta: «Chi crede in me, anche se muore, vivrà». La vita fisica ridonata a Lazzaro è solo un segno. È Cristo il primo che, anche se muore, vivrà!

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