Colpo di testa 24 / Attenti al sistema usato per misurare la felicità

Corriere di Como, 21 marzo 2017

Quest’anno ha vinto la Norvegia, che ha tolto il primato alla Danimarca. L’Italia risale due posizioni rispetto al 2016 e si porta al 48° posto. Sto parlando del “campionato” della felicità, di cui proprio ieri, all’inizio della primavera, è stata celebrata la Giornata mondiale, indetta dall’Onu nel 2012. Visto l’argomento, i dati vanno presi con le pinze. Misurare la felicità non è come pesare la carne, e chi s’avventura in questo sport deve fare i conti con qualche smentita. La classifica si basa, infatti, su sei fattori per così dire misurabili: il prodotto interno lordo pro capite, la speranza di vita, la libertà, la “generosità”, il sostegno sociale e l’assenza di corruzione nel governo o per affari. Con questo criterio, è quasi automatico che ai primi dieci posti vi siano i Paesi del Nord Europa cui s’aggiungono Canada, Nuova Zelanda e Australia. Agli ultimi dieci posti troviamo tutte nazioni africane. Facile la critica che può essere fatta a questo tipo di valutazione della felicità: è troppo legata ai soldi, alla fortuna di averli e alla capacità di spenderli. Del resto, la saggezza popolare dice che «i soldi non fanno la felicità, ma aiutano».

L’unica certezza sta nel fatto che ogni uomo desidera essere felice. Ma le differenze cominciano già quando cerchiamo di capire che cos’è la felicità: c’è chi privilegia il legame con ciò che piace e chi ricerca ciò che è buono, e le due cose non sempre coincidono. Una ulteriore variabile riguarda il ruolo che nella mia felicità hanno gli altri, fosse anche solo un altro: devo tenerne conto, oppure posso perseguire la mia felicità individuale senza guardare in faccia a nessuno? Ancora: vi sono prospettive religiose e di fede che modificano il quadro della felicità nel suo rapporto con la salvezza. Che cosa succede in Norvegia (primo posto) o nella Repubblica Centrafricana (ultimo posto) in riferimento a queste variabili è difficile stabilirlo con la precisione dei numeri della scienza statistica. Più facile limitarsi al prodotto interno lordo pro capite, che poi di fatto condiziona anche gli altri fattori. Sfugge, però, la parte più importante della questione della felicità dell’uomo, che è appunto la relazione che il dato misurabile ha con la vita, ovvero con l’imprevedibile capacità umana di affrontare la realtà.

La solita saggezza dei proverbi popolari recita che «si può essere felici con poco». Ricordo il racconto di quel missionario che si era trovato a far visita ad un villaggio africano, con poche caramelle in tasca e una miriade di bambini vocianti che ne aspettavano una. Erano tutti in fila nella chiesa e lui si sentiva a disagio al pensiero che presto le caramelle sarebbero finite e i bambini invece no… Con sua immensa sorpresa, vide che il bambino che aveva ricevuto la caramella, l’aveva scartata, succhiata un poco e poi tolta dalla bocca per darla al bambino successivo, che aveva fatto lo stesso…  Il missionario dovette riconoscere che quei bambini erano felici. Anche se non finiranno mai nell’indagine dell’Onu…

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