Desiderare e lasciarsi riempire

TERZA DOMENICA DI QUARESIMA – Anno A

Il dialogo tra Gesù e la donna samaritana è il primo di tre episodi che ci condurranno per mano sino alla Settimana Santa. Esso ci richiama direttamente, ancora una volta, il deserto in cui il cammino di Gesù – ed il nostro – è cominciato. Là Gesù, dopo un lungo digiuno, ebbe fame. Qui, affaticato per il viaggio, ha sete.Avremo finalmente capito che Dio si è fatto proprio uomo come noi, avverte i nostri stessi bisogni primari. Anche lui, nella calura del mezzogiorno, è stanco, si siede, chiede da bere. Uomo come noi, eppure capace di andare oltre quelle regole che proprio gli uomini hanno creato e che spesso nascono dalla grettezza o da una pretesa prudenza. Un giudeo non poteva condividere oggetti o relazioni con un samaritano. Un uomo non poteva rivolgere la parola ad una donna, per di più sola ad un pozzo, luogo adatto al corteggiamento. E poi, Gesù sapeva a quale donna rivolgeva la parola: aveva avuto cinque mariti ed ora conviveva con un altro uomo ancora! Gesù ha davvero dentro di sé l’acqua viva, mentre noi l’acqua l’abbiamo talvolta ingabbiata nei pozzi delle nostre consuetudini, magari ammantate di principi religiosi. Gli stessi discepoli, quando sopraggiungono al pozzo, non nascondono il loro imbarazzo. Bellissima la domanda che avrebbero voluto rivolgere a Gesù: «Che cosa cerchi?». Cioè: che cosa vuoi raggiungere con questo tuo comportamento che va oltre le regole del senso comune? Qual è lo scopo del tuo dialogare? Basterebbe riassaporare l’ultima parola di questo racconto per rispondere. Sulla bocca dei samaritani c’è una lucida affermazione su Gesù, riconosciuto come «veramente il salvatore del mondo». Non è un titolo religioso – avrebbero usato la parola “Messia” – ma un riconoscimento pienamente umano – l’imperatore romano aveva la pretesa di essere “salvatore del mondo” – . Oggi diremmo: è un titolo “laico”. Gesù, rompendo gli schemi ristretti e un po’ miopi delle consuetudini umane, ha riportato in superficie la freschezza dell’umanità vera. Egli, scavando nel profondo del cuore della donna samaritana con una incredibile libertà ed una amorevole schiettezza, ha raggiunto la falda acquifera che c’è dentro l’uomo e l’ha fatta scaturire come sorgente d’acqua viva. Proprio andando oltre la superficie di un incontrarsi freddo e distaccato, Gesù suscita l’entusiasmo di chi si sente toccato nel profondo delle sue attese umane. Da questo punto di vista, l’anfora lasciata al pozzo dalla donna è un simbolo che dobbiamo saper decifrare. La donna era venuta per attingere acqua e aveva con sé un mezzo per farlo. Quella brocca era sì il simbolo della sua vita tutta tesa alle urgenze quotidiane, ma segnalava pure in modo chiaro la sua passione, la sua tenacia, il suo desiderio di attingere verità in una fatica quotidiana. Se fosse andata al pozzo senza anfora, Gesù non avrebbe potuto dirle: «Dammi da bere». L’incontro con Gesù è possibile se in noi egli intravede un mezzo per attingere, se egli legge il desiderio di verità, di bene, di bellezza, di autenticità. Ce l’abbiamo un’anfora per attingere acqua, oppure siamo abituati alle bibite preconfezionate e gassate che si acquistano senza alcuna fatica, ma nemmeno riescono a calmare la nostra sete? Mi direte: ma la donna quell’anfora poi la lascia al pozzo, segno che non era così importante. Non è così. Il nostro desiderio è decisivo per incontrare Gesù, ma Gesù ci raggiunge ad un livello più profondo: egli non riempie anfore ma dilata cuori, non colma desideri ma li supera con il dono di se stesso. Proprio a questo livello si gioca il dialogo tra Gesù e la donna. Parlano di acqua e di sete, ma la donna intende l’acqua che sta in fondo al pozzo e l’anfora che la può desiderare e contenere; Gesù, invece, intende l’acqua viva che promana da lui e il cuore della donna come unico vero recipiente che la può accogliere. Ecco perché l’anfora resta vicino al pozzo, vuota, mentre la donna è divenuta lei un torrente in piena che va ad annunciare quello straordinario incontro avvenuto al pozzo, che l’ha trasformata da potenziale attingitrice di acqua ferma in provvidenziale portatrice di acqua viva. Qui sta il segno dell’anfora dimenticata. Questo tempo benedetto della Quaresima sia un dono, per continuare a desiderare e per cominciare a lasciarsi riempire.

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