Corriere di Como, 14 marzo 2017
Ogni tanto qualcuno che ha appena partecipato ad un matrimonio con rito civile viene a raccontarmi che ha provato un certo disagio. Quando cerca di spiegarmelo, mi accorgo subito che l’imbarazzo provato non riguarda affatto il matrimonio ma il rito. Cioè, è un problema di cornice, che – sia chiaro – un po’ si riflette anche sul quadro: riguarda la scenografia e non certo il contenuto del dramma – il matrimonio lo è a pieno titolo! – che i due attori hanno in quel momento cominciato a recitare, o – sarebbe meglio – a vivere. Una bella chiesa piena di fiori, il suono dell’organo con la classica marcia nuziale, la commozione di familiari e invitati, forse anche la presenza di un prete in alta uniforme… sono tutti ingredienti scenografici, che fanno parte dell’immaginario collettivo del matrimonio, e che spengono sul nascere quel disagio di trovare il quadro dentro una cornice inadatta. Naturalmente, anche la chiesa rischia di essere una semplice cornice, e ridursi ad un apparato rituale in cui abbondano gli allestimenti e gli addobbi e manca l’essenziale.
La notizia, ormai da qualche anno, è che diminuiscono drasticamente i matrimoni in chiesa (a Como negli ultimi dieci anni vi è stato un decremento del 50%) mentre sono aumentati quelli con rito civile (incremento del 30%). Se posso permettermi un vaticinio, credo che nel giro di altri dieci o venti anni diminuiranno anche i matrimoni civili. Si va verso una desertificazione del legame coniugale, la tendenza è alla convivenza in una versione totalmente provvisoria, nel senso di «proviamo a metterci insieme e vediamo come va, altrimenti ognuno per la sua strada». La curva, poi, potrebbe cambiare ancora e magari si ritornerà ad una nuova valorizzazione del legame matrimoniale nelle sue forme istituzionalizzate, ma è presto per dirlo.
Si spiega, quindi, anzi diventa urgente per sfruttare il trend favorevole, la scelta del Comune di Como di varare un bando tutto incentrato sulla cornice del matrimonio. Se può essere un po’ scialbo e inespressivo celebrarlo nella sala consiliare – che odora di litigi politici e non è di buon auspicio per l’inaugurazione di un nido d’amore – perché non offrire la possibilità di scegliere altre prestigiose location sul nostro territorio, ricchissimo di siti di interesse storico e culturale? Si facciano avanti, dunque, alberghi, ristoranti e ville storiche, così magari non bisogna nemmeno fare lunghi trasferimenti dopo il rito e si è già sul pezzo, il pranzo di nozze. Una commissione di esperti valuterà le candidature, e stilerà un primo elenco di tre location private per un esperimento che durerà un anno. Lì si potranno celebrare matrimoni e unioni civili, naturalmente versando in Comune un modico contributo di euro 1500 più Iva.
L’idea è bella e, soprattutto, redditizia. In questi nuovi siti per cerimonie, però, accadrà ciò che qualche anno fa’ succedeva nelle belle basiliche o chiesette affacciate sul lago in cui si celebravano sontuosi riti pieni di vuoto. Tante pregevoli cornici dentro cui non si vede il quadro.