A partire da oggi, ogni martedì compare sul quotidiano “Corriere di Como” una mia rubrica intitolata “Colpo di testa“. Ecco il primo articolo.
È indubitabile che il nostro tempo sia caratterizzato da una crescente attenzione per il mondo animale e vegetale. Prendiamo il campo dell’alimentazione. C’è chi semplicemente non mangia carne, chi si professa vegetariano, chi addirittura persegue la linea vegana. Spesso questi ultimi motivano la loro scelta con la volontà di non commettere violenza sugli animali di ogni specie. Ora, i più recenti studi di Neurobiologia vegetale – è venuto a parlarne a Cernobbio nell’ambito di “Orticolario” lo scienziato Stefano Mancuso – affermano sempre più chiaramente l’esistenza di una intelligenza nelle piante, che sarebbero dotate dei cinque sensi (anzi, ne avrebbero anche altri che l’uomo non ha). Insomma, i vegani devono motivare in altro modo la loro scelta, perché altrimenti dovrebbero riconoscere di fare violenza almeno… alle verdure! E noi umani, in nome della non-violenza, saremmo votati all’estinzione, per mancanza di cibo… eticamente sostenibile. Il mio è evidentemente un ragionamento per assurdo, e so che vi sono anche altre motivazioni all’origine delle scelte alimentari che eliminano i cibi di provenienza animale.
Sia chiaro, non mi dà alcun fastidio che anche le piante siano a loro modo intelligenti. Ho visitato questa estate a Bormio una bellissima mostra – “Seduzione repulsione, quello che le piante non dicono” – che presentava, in modo talvolta sbalorditivo, come fanno le piante ad attrarre gli impollinatori e a respingere gli aggressori. È innegabile che c’è un disegno non casuale e per nulla istintivo in certi comportamenti presenti nel cosiddetto regno vegetale. Questa nuova scoperta scientifica non fa crollare in me alcuna certezza. Anzi conferma che l’intelligenza sta dentro il tessuto di tutto l’universo, di quell’universo che io, in compagnia di altri milioni di uomini, mi ostino a chiamare «creato».
Una domanda, però, resta comunque valida e non si può non farsela, magari con la maggiore consapevolezza data dalle scoperte della Neurobiologia vegetale. Se continuiamo ad usare il linguaggio del filosofo Max Scheler (1928), essa suona così: «Qual è la posizione dell’uomo nel cosmo?». È una domanda sempre aperta, anche se questo non significa che sia senza risposte. In effetti, già il porsi questa domanda – in generale, il farsi domande – è un atto di intelligenza che riesce solo all’uomo.