La vetta e il laghetto

ASSUNZIONE DELLA B.V. MARIA

L'imponente cima del Pisciadù con il laghetto sottostante

L’imponente cima del Pisciadù con il laghetto sottostante

«La cosa di cui ha più bisogno il tempo presente è l’eterno». Così scriveva un secolo e mezzo fa’ il filosofo danese Soren Kierkegaard, il quale utilizzava un’immagine efficace per descrivere la nostra società del provvisorio, del “mordi e fuggi”. Egli parla di una nave in crociera i cui passeggeri, però, non ricordano più dove sono diretti e non ascoltano più la voce del capitano che dà informazioni sulla rotta della nave, ma sono unicamente preoccupati di conoscere il menù del giorno fornito dal megafono del cuoco di bordo. Siamo la civiltà dell’effi-mero, in cui vale ciò che è quantificabile e remunerativo, e soprattutto ciò che si può ottenere subito e senza troppi sacrifici. Purtroppo tanti ragazzi e adolescenti non si domandano più che cosa faranno da grandi, ma si limitano al “che fare” dopo cena. La fedeltà è un valore in disuso. La costanza è considerata una virtù per deboli. La resistenza alle difficoltà della vita non si insegna più. Per fortuna, come quando arrivi qua in alto dalla città e respiri una boccata di aria fresca, anche la Chiesa ci regala in piena estate un’occasione per disintossicarci dal menù sempre uguale urlato dal megafono del cuoco in questa crociera della vita. Ci mostra semplicemente una donna – una creatura come noi e non una divinità perfetta e lontana – che ha però una particolarità che la festa di oggi vuole segnalare e solennizzare: ella porta il cielo incorporato nel suo grembo. Quando ci domandiamo il senso di questa solennità, dimentichiamo proprio di guardare Maria nella sua femminile umanità di donna incinta di Gesù. Contemplando il suo grembo colmo di Dio, comprenderemmo quasi per intuizione – senza bisogno che alcun dogma ci costringa a crederlo – che Maria non può che essere di già in cielo, appunto perché Ella il cielo se lo porta incorporato per sempre nel suo grembo. È l’esperienza di ogni mamma: continuare a portarsi dentro il cuore il figlio che ha portato nel grembo, essere per sempre modificata da quella presenza prima tenuta in corpo e poi data alla luce. Se il figlio di Maria è Dio, non ci può essere corruzione per la carne di Maria, come non vi è stata corruzione per la carne di Cristo, il Risorto e il Vivente.

Se il secolo presente ha bisogno dell’eterno, l’eterno di Maria ha un che di familiare per noi, perché è semplicemente un riverbero potente della presenza di Dio in lei. Maria non proclama scorciatoie verso Dio. Il suo Magnificat, cantato per la prima volta davanti alla gioia incontenibile di Elisabetta e di Giovanni, non nasconde affatto l’amara constatazione che la storia è apparentemente nelle mani dei potenti e dei prepotenti, ma svela come uno sguardo nuovo su questa nostra storia, sguardo di cui proprio lei, Maria, è la prima depositaria. Lo sguardo di Maria è la fede, la capacità e insieme il dono di sapersi affidare e fidare dell’Onnipotente. La fede è una certezza ma non perché il fedele abbia chissà quali garanzie circa la bontà del suo futuro, ma solo perché è solido il fondamento di Dio sul quale egli ha messo il suo cuore, e Dio sa fare grandi cose in coloro che ripongono in Lui la loro fiducia. Maria è un esempio umano di fede realizzata in terra e in cielo.

Salendo sopra questa montagna si giunge ad un rifugio e lo sguardo si spalanca sull’alta cima del Pisciadù e sul sottostante laghetto dal colore verde. La vetta ti prende subito per la sua imponenza, e ti fa nascere il desiderio di raggiungerla, arrampicandosi sull’arduo e faticoso sentiero. Eppure lo sguardo è catturato dalla grande calma e tranquillità che il laghetto ti trasmette e vorresti avere il suo colore, la sua fiduciosa trasparenza. Vorresti insieme salire in alto e fermarti lì per sempre sulle rive di quello specchio d’acqua limpida. Se Dio è paragonabile alla grande montagna da raggiungere nella faticosa ascesa della vita, quel laghetto è l’icona più bella di Maria che quel tragitto ha compiuto nell’umiltà di serva, nella trasparenza di un’anima capace di magnificare il Signore, di renderlo ancora più grande, di specchiarlo con la sua fiduciosa disponibilità. Se la fede che raggiunge Dio è un umile laghetto, allora anche noi possiamo magnificare il Signore con la nostra vita.

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