Dalla Nigeria all’India l’Italia è al centro di due pasticci internazionali. In India sono stati incarcerati due soldati italiani – Massimiliano Latorre e Salvatore Girone – giudicati responsabili dell’uccisione di due pescatori durante una operazione contro i pirati. La vicenda si trascina da circa un mese, con un nodo diplomatico ed una battaglia legale che per il momento ci vedono al palo. Non v’è dubbio che qualche errore sia stato compiuto subito, come quello di far entrare la nave italiana nel porto indiano. Una leggerezza che è costata cara ai due marò e che ha mostrato la debolezza – almeno sino ad ora – della nostra linea diplomatica. L’India si sta prendendo gioco di noi, e ancora una volta l’Europa è assente, ma purtroppo questa non è una notizia…
Si è subito scritto che nazioni come gli Stati Uniti d’America o la Gran Bretagna mai avrebbero compiuto quell’errore di lasciare le acque internazionali per cacciarsi tra le braccia delle autorità indiane, in uno stato come il Kerala, poi… Forse è così. Ma poi scopriamo che “fresconi” lo sono stati anche i britannici che, in Nigeria, hanno inscenato un’azione militare per liberare due ostaggi e si sono trovati con due morti da raccogliere (di cui uno italiano, Franco Lamolinara). Ad aggravare il cocente fallimento del blitz c’è il fatto che l’Italia non sia stata avvisata dell’operazione se non quando era già in corso o forse terminata. Perché è accaduto questo? Il Regno Unito vive ancora il sogno di una sua autonomia di movimento di antico impero coloniale e vede l’Italia come inaffidabile sul piano militare e diplomatico. Certo, la gestione della vicenda indiana dà fiato a questo sospetto. Ma poi l’esercito di sua Maestà non ha forse militarmente fallito? E non ha peccato di grave leggerezza diplomatica non avvisando il partner? Insomma, se la cattedra sta a Londra, non è una grande scuola…
Adesso, come al solito, alzeremo un po’ la voce, richiameremo qualche ambasciatore, poi tutto tornerà nel silenzio. Che siamo inaffidabili su certi terreni (vedi, ad esempio, la gestione del caso Calipari in Iraq o degli ostaggi in Afghanistan) e che nemmeno quando facciamo la voce grossa mettiamo paura ad alcuno, questo è indiscutibile. Il prestigio internazionale lo dobbiamo riconquistare, posto che in passato l’abbiamo avuto. La vergognosa vicenda del naufragio della Costa Concordia ha spedito al mondo intero una cartolina italiana in cui campeggia il capitano Schettino, dedito agli “inchini” e agli appuntamenti galanti in plancia. Noi italiani abbiamo una strana nomea: gente simpatica, buona, capace di stare in mezzo alla gente, musica e maccheroni, gente insomma a cui si può affidare una missione di pace, ma che non ha il nerbo di gestire una operazione militare. Forse un’anima di verità in questa idea che ci si è fatti di noi esiste: la nostra gestione clientelare e politica delle nomine dei vertici di ogni tipo di organizzazione è, alla lunga, un fattore di debolezza e di inaffidabilità.
Evolvere verso criteri meritocratici non sarà facile, soprattutto dopo la chiusura di questa parentesi “tecnica” (che, comunque, non ha brillato sino ad ora nella gestione della vicenda dei due marò prigionieri in India). Insomma, gli altri non hanno tutti i torti a non avere fiducia piena in noi e – come scriveva oggi sul “Corriere della Sera” Antonio Puri Purini – «L’autorevolezza non si stabilisce per decreto. Si conquista sul campo». E sul campo si può anche perderla… Mi pare che azioni come quella fallita in Nigeria scalfiscano non poco l’autorevolezza del governo britannico: agire in segreto, per paura che la comunicazione ad un Paese giudicato inaffidabile mandi a monte il blitz, e poi trovarsi con quel misero risultato di sangue innocente versato, non mi sembra una bella cartolina neanche per il premier David Cameron…