SESTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A

Il discorso della montagna di Gesù, se lo intendiamo male, rischia di essere inteso come un pesante zaino da portare sulle spalle verso una vetta irraggiungibile.
Quei «ma io vi dico» pronunciati da Gesù rischiano di essere avvertiti come altrettanti ripidi balzi di roccia da superare con immensa fatica. Non è così per fortuna. Del resto non potevamo aspettarci che Gesù volesse trasformare i suoi discepoli in una sorta di super-farisei. La giustizia dei farisei va superata ma non nel senso che bisogna definire più regole da rispettare e più fardelli da portare. La giustizia dei farisei è una misura, i discepoli di Gesù devono superarla con una giustizia senza misura.
Se pretendi di valutare la vita di un uomo con dei criteri oggettivi, il tuo giudizio salta via proprio la concretezza di quella vita, crede di essere giusto ma non lo è. Gesù dice: si può uccidere anche solo con una parola, si può diventare cattivi non solo commettendo un’azione malvagia ma anche solo omettendo un’azione buona, bisogna custodire lo sguardo del cuore per salvare la bontà di una relazione umana, è inutile fare giuramenti a vuoto perché basta specchiarsi nei propri sì e nei propri no. Sono pennellate di trasparenza che rendono giustizia ai colori della vita, che fanno risaltare luci ed ombre e aiutano a vedere il quadro nella sua profondità.
Gesù suggerisce che nel vivere vi è sempre una responsabilità che si esercita verso se stessi e verso gli altri, che vi è un equilibrio che non si misura con il centimetro ma che ha bisogno appunto di una giustizia superiore. Gesù può parlare così perché conosce la giustizia del Padre che ama, accoglie, perdona, salva del tutto gratuitamente. Ecco che, allora, l’unico modo per entrare da discepoli nell’ascolto del discorso della montagna e per comprenderlo è proprio quello di superare la separazione, la contrapposizione tra giustizia e amore.
Lo diciamo spesso: prima la giustizia e l’equità, e poi, semmai, l’amore e la misericordia. Gesù pensa che per entrare nel regno dei cieli sia necessario superare la giustizia della giustizia con la giustizia dell’amore.
UNA GIUSTIZIA CHE NON MISURA. Scrive in proposito don Agostino: “Lo diciamo spesso: prima la giustizia e l’equità, e poi, semmai, l’amore e la misericordia.” Noi valutiamo la vita umana sulla base di criteri oggettivi, matematici; siamo freddi e astratti e non ci immergiamo nella vita concreta, che richiede semplicemente amore. Giudicare è facile e ci fa rimanere in una dimensione statica, mentre amare richiede una profondità dello sguardo, che ci fa uscire da noi stessi verso una dimensione estatica. Per entrare nel regno dei cieli dobbiamo cercare quindi di superare “la giustizia della giustizia con la giustizia dell’amore”
È tranquillizzante, per noi, contemplare Dio nella sua amorevole giustizia, una giustizia secondo il suo cuore smisurato. La Sua misericordia ci precede , è palpitante fin dalle origini del mondo. Si esprime non solo perdonandoci, ma soprattutto accogliendoci in una vita piena di doni, dentro e fuori di noi. Accogliere la sua giustizia misericordiosa ci insegna a guardare le persone,,le cose, gli accadimenti con i suoi occhi. Un bel vivere a pensarci