QUINTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A

Non si mangia il sale e non si fissa la luce. Sia il sale che la luce sono al servizio di altro. Il sale serve a dare sapore e a conservare. La luce serve a illuminare e vedere. Questa è la prima cosa importante in queste parole di Gesù rivolte ai suoi discepoli: egli ci indica un ministero, un servizio, un compito.
Dice: «Voi siete il sale della terra… la luce del mondo». Non un sale tra gli altri, una luce tra le altre, ma l’unico sale, l’unica luce: una sorta di pretesa universale! Affidata a noi. Gesù non dice (e sarebbe più comprensibile): io sono il sale della terra, io sono la luce del mondo (cf Gv 8,12), in una formula in prima persona che Gesù talvolta usa: io sono il pane della vita, io sono la via la verità e la vita, io sono il buon pastore…Usa la seconda persona, lo dice a noi, ci inserisce nel suo solco, ci fa sentire la nostra somiglianza con lui. Una somiglianza nel servizio, però, non come se si trattasse di un vanto o di un privilegio. Non dice: siate, ma siete. Non è un augurio per il futuro, ma è la condizione del nostro presente di discepoli: il Signore ci ha dato il suo sapore, ci ha posti sopra il monte, siamo sale e siamo luce.
E qui c’è una seconda cosa importante da ricordare: se è vero che è affidato a noi il compito di salare la terra e illuminare il mondo, questo ci mette di fronte ad una terribile possibilità. Spesso ascoltando queste parole noi abbiamo una preoccupazione sbagliata: che cosa succederà alla terra se gli mancherà questo sale che siamo noi? Che ne sarà del mondo se non sarà illuminato dalla luce che siamo noi? Che guaio sarebbe! No, dovremmo rispondere che la volontà di salvezza di Dio avrebbe altre risorse per raggiungere tutti gli uomini. Il problema siamo noi.
La preoccupazione di Gesù è per la Chiesa, non per il mondo: «Che cosa succederà di voi se perdete il sapore?». Se diventiamo insipidi, se perdiamo la forza di dare sapore, se siamo opachi e non illuminiamo, allora siamo inutili, perché noi abbiamo un senso – come discepoli, come Chiesa – solo entro questa missione di essere sale e luce. La nostra vita è solo questo servizio, un servizio d’amore.
Un compito garanzia di vitalità. Vale la pena di esserci perché ci viene affidato un compito ( come Chiesa, come persone). Ancora una volta, da parte di Gesù, un atto di fiducia nei nostri confronti., ma anche il desiderio di dividere con noi il suo essere. La capacità di essere sale e luce racconta molto della nostra ( della Chiesa)appartenenza a Gesù.
SALE E LUCE, UN SERVIZIO CHE E’ VITA. Don Agostino chiarisce bene quel che dice Gesù : “Non dice: siate, ma siete. Non è un augurio per il futuro, ma è la condizione del nostro presente di discepoli: il Signore ci ha dato il suo sapore, ci ha posti sopra il monte, siamo sale e siamo luce.” Non possiamo che metterci come sale e luce entro un servizio di amore nella famiglia, nel lavoro, nella politica, nella Chiesa. Non possiamo cedere alle insidie del nostro tempo: pensare individualisticamente a noi stessi o andare dietro a dove va la maggioranza. Così saremo opachi, perderemo luce e sapore…