SESTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno C

Esistono ancora i falsi profeti? Quelli di cui tutti dicono bene? Credo di sì, e forse il loro numero è aumentato ed è sicuramente più subdola la loro cassa di risonanza grazie a mezzi di consenso ancora più sofisticati. Oggi si direbbe che i falsi profeti sono quelli che hanno tanti “mi piace” nei social…
E i profeti, quelli veri, continuano ad essere nell’ombra e sono, come dice Gesù nel brano delle Beatitudini, odiati, messi al bando, insultati e disprezzati. Ciò che differenzia i profeti veri dai profeti falsi non è in quello che dicono, ma sta nel luogo in cui hanno ancorato il loro cuore.
Può aiutarci a capire questa essenziale differenza la doppia immagine che ci è stata proposta da Geremia, che pone davanti ai nostri occhi due piante che hanno fatto la scelta di mettere le radici in luoghi diversi. Il tamarisco si è sistemato nel deserto, forse nel letto di quei torrenti che si riempiono solo per poco tempo con un flusso abbondante e irruente di acqua, che non garantisce vita e floridezza. L’albero senza nome, invece, ha piantato le sue radici lungo quei corsi d’acqua, meno appariscenti ma più duraturi, e quindi «non smette di produrre frutti».
Certo, se scatto la fotografia mentre i torrenti sono in piena, il tamarisco appare in perfetta salute, ma è solo un’apparenza. Le Beatitudini dicono che il provvisorio verrà ribaltato, perché l’essenziale è avere il cuore radicato nel Signore e non confidare invece nell’uomo. Se è così, allora si comprende anche l’elogio della povertà, che – lungi dall’essere una condizione di indigenza economica – è proprio questa situazione in cui il cuore vuole dipendere da Dio e – come dice Geremia – non «pone nella carne il suo sostegno». Il povero è uno che non dipende dalle cose e dalle logiche umane, per il semplice motivo che ha deciso che «il Signore è la sua fiducia».
Le Beatitudini di Gesù non sono dunque un manifesto politico o una rivendicazione sociale, innanzitutto perché promettono una ricompensa, sì grande, ma nel cielo. Le Beatitudini sono il modo con cui Gesù guarda l’umanità e ne svela quel cuore che noi abbiamo stravolto.
Beati noi, non quando appaiamo vincenti, ma quando siamo nell’ombra, fragili e inadeguati alle effimere logiche umane. Chi è pieno di sè non lascia lo spazio per accogliere ciò che è nuovo, ciò che sorprende…il vero cuore dell’umanità. Ben scrive don Agostino – Il povero è uno che non dipende dalle cose e dalle logiche umane, per il semplice motivo che ha deciso che «il Signore è la sua fiducia» –
Pare molto illogico il senso del discorso sulle beatitudini ( per lo meno incomprensibile a chi pensa ” secondo la carne) ma segue – è evidente la logica strampalata di Dio -. Le beatitudini promettono una ricompensa ma ” dopo”? Non so, a me pare che la ricompensa arrivi già ora: è un cuore sgombro, una vita libera, un abbandono fiducioso, un pensiero radicato nell’eterno. Dunque una vita agostinianamente felice. ( S. Agostino, De beata vita)
Come sono diverse le Beatitudini nel vangelo di Matteo e nel vangelo di Luca. Non solo geograficamente; Luca accenna anche a chi non è beato!