Corriere di Como, 5 ottobre 2021

«Bla bla bla». Si usa solitamente questa espressione onomatopeica per indicare un chiacchiericcio inconcludente, un puro esercizio retorico che non approda ad alcun risultato. Chissà che cosa volesse intendere Greta Thunberg dal palco di Milano, attribuendo il «bla bla bla» ai Governi mondiali in riferimento ai tanti problemi che ruotano attorno ai cambiamenti climatici e alla salvezza del pianeta.
In fondo il movimento che fa capo alla Thunberg rappresenta un tentativo di suscitare un più deciso interesse politico su una questione vitale, ove però sono in gioco anche numerosi interessi di tipo economico e finanziario. E se il «bla bla bla» dipendesse proprio dalla necessità di dare voce ad un pluralismo di opinioni?
Mi spiego. La questione delle decisioni da prendere è più complessa di quanto sembri a prima vista. Sarebbe un errore ridurla semplicisticamente ad uno scontro tra le esigenze del pianeta – di cui la Thunberg si fa interprete – e le strategie dei Governi mondiali che devono tener conto anche del delicato equilibrio economico del pianeta. Intanto, esistono potenti lobby che sono all’origine o comunque supportano o manipolano le diverse posizioni (anche quelle ambientaliste).
Ma poi in gioco c’è la libertà individuale, vero e proprio idolo del mondo post-moderno. Certe scelte invocate dalla piazza, che faticano a trovare accoglienza a livello politico decisionale, in verità contrastano con gli stili di vita che oggi vanno per la maggiore. Se i Governi prendessero sul serio e sino in fondo le decisioni che i paladini dell’ambientalismo chiedono nelle loro manifestazioni, vi sarebbe una ricaduta sulla vita spicciola di tutti i giorni che andrebbe ad intaccare le libertà individuali.
Su questo terreno si pone il problema del consenso e diventa determinante il criterio su cui si fondano le democrazie occidentali, ovvero il formarsi nel dibattito e nel confronto delle idee di una decisione, sancita poi con il potere della maggioranza. In più, bisogna tener conto della necessità di mettere d’accordo Paesi diversi (qualcuno non proprio gestito democraticamente). Anche le decisioni sul clima non possono saltare questo percorso – che può essere lungo e complicato – senza dimenticare, però, che la salvezza del pianeta è urgente e richiede di non dilazionare all’infinito le decisioni.
Per cui avrei qualche remora a definire con disprezzo «bla bla bla» quello che in fondo è il terreno di coltura di ogni decisione democratica. Anzi, Greta Thunberg – che non ha ricevuto alcun mandato di tipo politico e che non ha nemmeno una specifica competenza scientifica – dovrebbe essere contenta di essere stata invitata a dare il suo umile contributo al «bla bla bla» democratico.
Scriveva Solzenicyn nel 1973 ai dirigenti dell’Unione Sovietica: “Il progresso non deve più essere considerato la caratteristica auspicabile della società. La perpetuità del progresso è un mito assurdo.” Sono passati cinquant’anni invano; Greta oggi accusa i Governi mondiali di essere inconcludenti rispetto a rischi che corre il pianeta. Dobbiamo però “riconvertire” anche noi stessi, che abbiamo assunto come idolo del mondo post-moderno la libertà individuale, senza fare il sacrificio di ridurre consumi e sprechi. La giovane Greta ha ragione; io però sto dalla parte dei moltissimi giovani, che. senza parlare, tolgono plastica e altri rifiuti dalle spiagge e dai corsi d’acqua, puliscono i sentieri di montagna, piantano nuovi alberi… e concretamente contribuiscono a salvare il pianeta.