VENTOTTESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

«Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». È una domanda profonda quella che viene rivolta a Gesù da un tale non meglio identificato. È una domanda che va oltre le richieste di qualcosa di immediato che siamo abituati a vedere rivolte a Gesù.
Ed è una domanda che è legata strettamente ad un fare nel momento presente per meritare una eredità futura. Questo tale è preoccupato di fare qualcosa adesso, subito. La risposta di Gesù sembra essere la più banale che si possa immaginare: gli fa l’elenco dei comandamenti. È come se Gesù dicesse: ecco che cosa devi fare adesso, ogni giorno della vita terrena, osservare i comandamenti.
Il tale sembra deluso dalla risposta di Gesù: perbacco, lui i comandamenti li ha sempre osservati! Davanti a Gesù, insomma, c’è un uomo sicuro di sé, che forse voleva solo sentirsi dire che era bravo… Ed ecco, allora, scattare un altro linguaggio tra Gesù e il tale. Non più parole, ma uno sguardo profondo, uno sguardo di amore. Gesù, prima di aggiungere qualcosa di decisivo alla semplice osservanza dei comandamenti – qualcosa che il tale non si aspettava – si mette in una relazione d’amore con lui. Come a dire che le parole seguenti – la cosa che manca a colui che aveva osservato i comandamenti – si comprendono solo alla luce di un legame profondo.
Non sono parole prese da un freddo prontuario per ereditare la vita eterna. Non sono nemmeno parole di una lista di comandamenti. Sono parole di uno che ama. Lasci tutto solo se ti fidi dell’amore di chi te lo chiede. Sappiamo come andò a finire quel giorno al tale che «possedeva molti beni». Quali beni? Noi pensiamo subito alle ricchezze e ai soldi, ma il vero ostacolo al seguire Gesù è il dover lasciare le proprie certezze: quel tale si sentiva già al sicuro a motivo della sua osservanza scrupolosa dei comandamenti, invece doveva affidarsi a Dio proprio rinunciando alla certezza di essere a posto così.
Se ne va rattristato. Non sappiamo se erediterà la vita eterna. Certamente perde quel «cento volte tanto» tutto terreno che Gesù promette a chi lo segue.
I comandamenti. Pare davvero una risposta secca e ovvia. Invece è nella fedeltà coniugata in minute azioni che si esprime l’amore, anche il più totale. Una fedeltà senza smagliature è la grande prova d’ amore , alla faccia di sterili romanticismi. È così nella relazione con Gesù, è così nelle nostre relazioni umane. Non si ubbidisce, ma si cerca di ” fare contenti”. Accettare di fare quello che piace a Gesù significa abbracciarlo tutto intero, fin nei suoi pensieri. Essere come Lui ci vuole. San Giovanni direbbe che è così, così semplicemente, che entriamo nella vita eterna. E non è neppure necessario morire. Basta voler bene, subito, adesso.
Scrive don Agostino: “il vero ostacolo al seguire Gesù è il dover lasciare le proprie certezze”. In questo momento di pandemia gli esperti di una corrente scientifica e di quella opposta enunciano le loro certezze. Ma quali certezze? Dobbiamo cercare di mantenere un legame profondo con una Persona: Gesù, che dalla creazione alla parusia tiene il filo della storia, una storia dove la nostra certezza è poca cosa…