SECONDA DOMENICA DI AVVENTO – Anno B
«Fate di tutto perché Dio vi trovi in pace». Abbiamo sentito rivolto anche a noi questo monito, che segue quello di domenica scorsa. Non solo, giungendo all’improvviso, Gesù non ci deve trovare addormentati, ma vuole trovarci in pace e noi dobbiamo fare di tutto affinché ciò avvenga. La parola «pace» evoca tranquillità, serenità di rapporti, assenza di preoccupazioni. Almeno così intende il mondo quella che viene chiamata «pace». Gesù, però, ci ha detto che egli è venuto a portare la pace non come la dà il mondo. Quando parla della pace, egli fa riferimento al fuoco che arde, riscalda e consuma. L’attesa va riempita con un’opera di pacificazione profonda con se stessi, con gli altri, con Dio.
In questo consiste ciò che Giovanni il Battista chiama «preparare la via del Signore». Ogni anno ritornano le sue parole, che non riusciamo a disgiungere da questo strano personaggio che vive nel deserto, è vestito di peli di cammello, mangia le cavallette e grida come un forsennato. Non ci piace per nulla questo Giovanni e ci dà anche un poco fastidio che Gesù ce lo dipinga come «il più grande tra i nati di donna». Ma Gesù non avrà alcun timore a presentarsi in un modo tutto diverso, quando sarà il momento di iniziare il suo ministero pubblico. Giovanni, però, gli ha preparato la strada in tutti i sensi, ha inaugurato l’opera di pacificazione che prelude alla venuta del Signore. Dove sta, dunque, il fondamento della pace vera? La risposta di Giovanni coincide con quella di Gesù.
La pace, in cui dobbiamo fare di tutto per essere trovati, si raggiunge attraverso un cammino di conversione, che il profeta Isaia descrive con immagini suggestive: «Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata». Come a dire: ogni qualità e capacità siano valorizzate, ogni superbia e ogni particolarismo siano abbandonati; la trasparenza dei rapporti, la sincerità, la bontà siano in grado di appianare le difficoltà e di creare quello spazio del cuore in cui ciascuno possa sentirsi veramente accolto.
Noi uomini e donne che siamo nel mondo intendiamo per “pace” tranquillità, serenità di rapporti, superamento delle preoccupazioni e questo, caro don Agostino, non mi pare sbagliato… Gesù è venuto a portare la “pace” non soltanto come la dà il mondo, ma quale è la differenza? Se con la grazia dell’amore valorizziamo le qualità e appianiamo gli egoismi, non raggiungiamo anche il senso di “pace” che dà il mondo? Il passaggio tra la pace che dà il mondo e la pace che dà Gesù è quindi nello stare svegli per accoglierlo e nell’aprire nel cuore lo spazio per il prossimo. La differenza non sta forse nel fatto che la pace per il cristiano, che è nel mondo, richiede la fatica di affrontare ogni giorno il cammino di conversione?