Colpo di testa 134 / Gli anziani, il voto e le proposte ridicole

Corriere di Como, 22 ottobre 2019

Il dibattito sul funzionamento della democrazia è affidato spesso a facili slogan, quando non addirittura a delle battute. L’ultima deve essere considerata tale, visto che è comparsa sulla bocca di un comico, pure prestato alla politica. Beppe Grillo, fondatore del Movimento 5 Stelle, ha proposto di togliere il voto ai vecchi, ovvero a coloro che hanno superato i 65 anni: essi sarebbero troppo egoisticamente protesi alla difesa dei propri diritti e non si preoccuperebbero del futuro dei giovani. Come proposta politica, è francamente ridicola. Possiamo al massimo accettarla come una provocazione, una delle tante che vengono lanciate nello stagno dell’accesa polemica tra i partiti.

Nei giorni scorsi, sull’onda del fenomeno Greta, dall’ex premier Enrico Letta era stata lanciata un’altra proposta, quella di dare il voto ai sedicenni, così da ovviare al problema di una sottorappresentazione delle idee dei giovani nel consesso politico e parlamentare. Anche questa proposta è discutibile, ma non è liberticida come quella di Grillo: il voto ai sedicenni aggiungerebbe poco più di un milione di elettori, mentre il taglio degli over-65 ne sottrarrebbe più di tredici milioni e mezzo al corpo elettorale. La libertà è sempre una questione semmai di aggiungere, non certo di togliere.

Se proviamo a ragionare in termini non di elettori ma di votanti, scopriamo che sono molto meno astensionisti gli anziani che i giovani, il che sposta il problema dal diritto di voto al dovere di voto. Si dice: la disaffezione al voto delle giovani generazioni ha come prima causa la deludente gestione della politica da parte delle generazioni più anziane. Vero, ma rischia di essere un boomerang. Comincia a far vedere che ti interessa che le tue idee siano rappresentate laddove poi effettivamente si decide, esercitando quello che è insieme un diritto e un dovere civico, il voto. Se non voti hai sempre torto, perché lasci ad altri – magari nella mani di una minoranza votante – la possibilità di riempire il Parlamento.

Detto questo, è innegabile che nei parlamenti democratici dell’Europa il potere decisionale è gestito da chi ha una prospettiva di vita futura più bassa: la categoria dei 51-75 dei cittadini europei, sulla base di una aspettativa di vita di 80 anni, ha davanti a sé uno stock di 2,1 miliardi di anni di vita futura individuali, rispetto ai 9,3 miliardi della categoria formata dai cittadini 0-25. Il calo demografico, che continua ad essere una costante delle società opulente, non aiuta certo a ringiovanire il corpo elettorale. E in democrazia sembra difficile andare oltre la legge dell’equipollenza del voto, nel senso che davvero «uno vale uno», altrimenti si scivolerebbe in derive illiberali in cui il diritto di voto, se non è concesso in base al censo o al sesso, è dato in base all’età.

Perciò, la provocazione di Grillo, seppur ci aiuta a riflettere su un problema reale di rappresentanza delle idee, è irricevibile come proposta politica. Considerare i vecchi come scorbutici egoisti da non far votare è uno stereotipo inaccettabile, che fa a pugni con la considerazione che ogni società ha sempre dato agli anziani, come depositari di una saggezza che ha bisogno proprio che la prospettiva di vita futura si accorci per dare i suoi frutti migliori.

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