Corriere di Como, 24 settembre 2019
Se ne sta parlando da alcuni giorni, ma non è ancora chiaro che cosa se ne farà. Tasseranno le merendine? Ci dormo la notte, sia chiaro, ma mi piacerebbe capire il senso del provvedimento. Insieme alle merendine, nell’elenco dei tassabili, sono finite anche le bibite gassate e i voli aerei. Ora, sembra di capire che questi ultimi verrebbero tassati perché inquinano e sono causa di altissime emissioni di anidride carbonica. La tassa sulle merendine e sulle bibite gassate, invece, troverebbe una motivazione in una linea salutista per i nostri ragazzi che, a scuola all’intervallo di metà mattina, farebbero bene a consumare altri prodotti più sani (latte e frutta).
Faccio fatica a pensare che questo risultato sia raggiungibile con un aumento di pochi centesimi del costo della merendina. Magari si veicolerebbe la scelta di prodotti di qualità più scarsa, più carichi di zuccheri e, quindi, più a buon mercato, ottenendo così il risultato opposto a quello dichiarato. Esperienze in altri Stati europei (ad esempio, Francia e Danimarca) hanno dimostrato che il primo anno dall’introduzione della tassa, si ha un calo delle vendite del 2%, ma poi già dall’anno successivo tutto torna come prima.
E qui mi sorge il primo dubbio: è serio usare la tassazione su un prodotto per cercare di raggiungere un risultato nel campo dell’educazione alimentare? Una buona merendina a scuola (35 grammi in tutto, con soli 8,8 grammi di zuccheri), se è l’unica del giorno ed è supportata poi da una alimentazione corretta, non mi pare una tragedia. Diverso il caso in cui di merendine ce ne siano una anche a colazione, una dopo pranzo, una quarta a metà pomeriggio e una quinta magari a cena. Ho esagerato per sottolineare il vero problema di tante famiglie, cioè la mancanza di una regola alimentare che sia variata e che cerchi di eliminare gli eccessi. La tassa sulle merendine fa il solletico a simili scompensi educativi, perché cinque merendine (pur tassate) costeranno meno soldi e meno fatica di una dieta a base di piatti preparati con cura e sufficiente variazione. Quindi, la tassazione a scopi salutisti è una bufala.
E qui s’accende il secondo dubbio: non è che il salutismo è solo un pretesto per nascondere la consueta politica della tassazione a strascico che permette di raggranellare un po’ qui e un po’ là? Se così fosse, sarebbe grave, perché si rivestirebbe di nobili intenzioni la semplice volontà di fare cassa. Anzi, pur dicendo ufficialmente che le merendine si tassano perché fanno male per cui bisogna diminuirne l’uso, in realtà si spera che di merendine se ne vendano di più, così si incassano più soldini. Un gioco perverso, altro che operazione educativa!
E lo stesso ragionamento sottostà alla tassazione dei biglietti aerei. I voli inquinano? Certamente, un solo volo Milano-Roma vale 86,2 chilogrammi di CO2 a passeggero. Ma chi ci crede che la tassa sul biglietto aereo faccia diminuire i voli? Anche in questo caso l’inquinamento e l’ecologia non c’entrano affatto: la tassa sui biglietti aerei è per fare cassa, e quindi si spera che i voli e i biglietti aerei aumentino, con buona pace dell’anidride carbonica.
Insomma, la proposta di tassare le merendine è proprio l’immagine di un Paese… alla frutta.
Più che costare di più in termini economici, un’alimentazione regolata costa più in termini di fatica; ma certo da lì non si scappa, e questa non è “educazione”, è indottrinamento.