Colpo di testa 128 / L’anidride carbonica e la nostra coscienza

Corriere di Como, 10 settembre 2019

Siamo abituati a sentir parlare di emissioni di anidride carbonica, la famigerata CO2. S’avvicina la stagione invernale e, oltre all’inquinamento da gas di scarico, ecco profilarsi anche quello da riscaldamento. Ma uno non pensi d’essere a posto con la coscienza se prima non ha stimato «l’impronta carbonica legata all’attività quotidiana». Detto in parole povere: lo sappiamo quanta CO2 produciamo? Non solo andando in macchina o accendendo i termosifoni, ma facendo scorrere l’acqua del rubinetto o mandando un sms o una mail. Ebbene, ci dicono che ognuno di noi produce in media sette tonnellate di CO2 l’anno. Come ogni statistica c’è chi magari ne produce più del doppio (per esempio se usa molto l’aereo per i suoi spostamenti) e chi invece fa una vita carbonicamente morigerata.

Comunque, si può andare in internet ove vi sono dei comodi calcolatori di impatto carbonico personalizzato. Naturalmente anche il calcolarlo produce qualche grammo di CO2 se è vero che una mail ne genera 4 grammi (ma con allegati arriva a 50). Del resto, è appurato che anche il lavoro domestico più fastidioso – stirare – produce CO2, ma dipende dalla mano che stira la camicia: se è veloce ed esperta, 14 grammi, ma se è lenta e incapace si arriva a 70 grammi (e così ho finalmente trovato un motivo scientifico per non stirare). Un frutto che prendiamo dal nostro orto ha zero emissioni, ma se la banana arriva da oltre oceano può generare 150 grammi di CO2.

Insomma, ciascuno prenda consapevolezza che l’inquinamento da anidride carbonica lo riguarda in prima persona e che deve fare di tutto per ridurre la sua impronta carbonica sulla vita del pianeta. Ma se proprio uno non riesce a non mangiare banane biologiche dell’Equador, o per lavoro deve prendere l’aereo un giorno sì e un giorno no, o in ufficio deve spedire duecento mail al giorno, insomma, se non può evitare di condurre una vita praticamente normale ma egualmente inquinante, può rimediare compensando le sue emissioni di anidride carbonica. Come? Piantando alberi o almeno adottandoli a distanza.

È risaputo che le piante, grazie alla fotosintesi clorofilliana, durante il giorno assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno (ma di notte dalle foglie fuoriesce l’anidride carbonica), quindi la nuova frontiera della sensibilità ambientale sta in questo meccanismo di piantumazione, che è stato fatto proprio da alcune aziende le quali si offrono di piantare un albero per te, che pure vivi in condominio e non hai una vanga e un giardino a tua disposizione.

Ad esempio, con 25 euro si adotta un avocado in Kenya, pianta che si mangia ben 500 chili di CO2 in dieci anni, e puoi addirittura sorvegliarlo a distanza con la geolocalizzazione. C’è chi in Italia compra terreni alle aste fallimentari e crea boschi, contribuendo anche a mettere in sicurezza il territorio dai rischi idrogeologici. Per compensare le sette tonnellate di CO2 prodotte in un anno da ciascuno degli abitanti del pianeta servono 350 alberi. Moltiplicate per sette miliardi di abitanti e fate voi il conto di questo potenziale affare della forestazione compensativa. Che, a sua volta, qualche grammo di CO2 lo produrrà sicuramente!

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