Corriere di Como, 25 giugno 2019
In un’isola della Norvegia a nord del circolo polare artico i trecento abitanti stanno tentando una improbabile rivoluzione, quella contro il tempo. Bisogna sapere che a Sommarøy quest’anno il sole non tramonta dal 18 maggio al 26 luglio, con oltre due mesi senza buio (e poi si avrà anche un lungo inverno senza albe). Roba da impazzire, e in effetti stress e depressione non mancano certo a queste latitudini. Ecco che la popolazione dell’isola ha fatto una petizione alle autorità per chiedere di poter vivere senza tempo e senza orari. E di fatto, come segno esteriore di questa volontà popolare, gli orologi degli abitanti sono stati appesi sul ponte che unisce Sommarøy alla terraferma.
In effetti servono a poco, soprattutto in questo periodo in cui «mattino» e «sera» sono pure convenzioni non supportate dai ritmi naturali del sole. I bambini giocano all’aperto e sono magari le due… di notte. Vedi una famiglia mangiare in giardino alle cinque del mattino e potrebbe essere la colazione, il pranzo o la cena. Per non parlare degli orari di lavoro. Insomma, forse è meglio che ciascuno decida in proprio come gestire il suo tempo, senza bisogno di sveglie o campanelle, ed è questo che i cittadini chiedono al Governo in questa strana campagna per la lotta al tempo, che sta riscuotendo interesse anche in altre zone della Norvegia.
C’è tutta la parvenza di una rivoluzione, ma il bersaglio è sbagliato. Non può essere il tempo, perché non può esistere una «zona libera dal tempo» se non completamente disabitata. I trecento abitanti di Sommarøy dovrebbero tutti abbandonare il loro isolotto per liberarlo dal tempo. Ma non è questo che vogliono.
Facciamo un balzo di sedici secoli e di cinquemila chilometri. Un famoso intellettuale nordafricano, vescovo di una assolata cittadina affacciata sul Mediterraneo, in un impeto di ozio si domandava che cos’è il tempo. «Se nessuno m’interroga lo so; se volessi spiegarlo a chi m’interroga, non lo so», così rispondeva Agostino di Ippona in alcune pagine giustamente famose dell’undicesimo libro delle Confessioni. Il tempo è una dimensione essenziale dell’essere umano, è il distendersi della sua coscienza che ricorda e che spera. Il passato e il futuro non esistono, il presente è inarrestabile: solo l’uomo è capace di misurarlo, anzi non può farne a meno. Il tempo è il suo modo di essere.
L’orologio non misura il tempo, ma è una convenzione tra uomini per vivere insieme e mettere d’accordo in qualche modo le singole coscienze misuratrici del tempo. O meglio, lo era in epoche meno individualiste delle nostre. Adesso ciascuno vuole fare a modo suo. In effetti, la petizione degli abitanti dell’isola norvegese è stata scritta senza troppa filosofia, in un impeto di pragmatismo, ispirato ad una flessibilità felice e individuale: scuola e lavoro non sono delle gabbie, niente inutile fretta, negozi sempre aperti, più libertà anche per i turisti. Ideali che hanno bisogno proprio di tempo per divenire realtà! Una «zona libera dal tempo» è un desiderio disumano, alla fine irrealizzabile. A Sommarøy chiedono soltanto una «zona deorologizzata», perché, in assenza di giorno e di notte, ciascuno possa gestire come meglio crede il quadrante della sua vita. Ma ho il sospetto che alla fine vincerà l’orologio.
L’idea di “zona de-orologizzata” mi piace.
La nostra estate, seppur molto meno estrema della loro, è forse il momento più adatto per tentare un esperimento simile.