QUARTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno C
Al centro della Parola di Dio, oggi, c’è quello che viene chiamato «inno alla carità». Continuando il brano della prima lettera di san Paolo ai Corinzi ascoltato domenica scorsa, ci viene detto che fede, speranza e carità sono le tre cose che rimangono, ovvero le più importanti, l’essenziale della vita (tanto è vero che esse costituiscono le tre virtù teologali, ovvero le tre fondamentali dimensioni del nostro rapporto con Dio). Viene aggiunto anche che «la più grande di tutte è la carità». Usiamo pure il termine «amore» se ci è più familiare, a patto di intenderlo con quelle caratteristiche della carità che san Paolo così bene descrive: «è magnanima, è benevola, non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità». La carità è la più grande di tutte le virtù, perché lascia una traccia eterna: la vita passerà, ma resta la carità che ha riempito la vita. L’amore che noi viviamo qui in terra, nella misura in cui cerca di avvicinarsi alle dimensioni della carità dello stupendo inno paolino, ha la certezza di dare già un’impronta di eternità alla nostra vita. Questo è il motivo per cui amare è per sempre, amare è immensamente. E questo è il motivo per cui l’amore è uno solo, perché, dopo aver attraversato tempi e spazi diversi, esso confluisce nella eternità.
La vita passa, si consuma lentamente – e ci consuma – ma l’amore di cui noi sappiamo riempire la vita resta. Perché questo? La risposta più bella ce l’ha data l’apostolo Giovanni, definendo Dio come Amore: l’amore è un’impronta di eternità, perché è la sostanza di Dio. Dio è Amore e noi, che siamo a sua immagine e somiglianza, siamo impastati di amore. La prima lettura di oggi aggiunge un’altra risposta. Perché l’amore resta? Perché – dice il Signore al profeta Geremia, ma lo può dire di ciascuno di noi – «prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato». Tocchiamo qui un mistero che la nostra società tecnologica cerca continuamente di banalizzare. Il mistero del grembo materno contiene la cifra dell’amore. È bello pensare a Dio come a colui che dà forma all’uomo nel grembo della madre. Dare forma non vuol dire soltanto modellare un corpo, e una mamma sa con quanta misteriosa pazienza quell’iniziale grumo di cellule – che è già persona – assume dei contorni, prende un volto, si muove e dà segnali sempre più evidenti della sua presenza. Nel mistero del grembo materno Dio dà forma a quel corpicino che cresce, regalandogli per così dire una forma spirituale, che è appunto l’amore. Ebbene, Dio dice: «Ancora prima di formarti, io ti conoscevo!». L’amore è la conoscenza divina e personale che precede anche il concepimento. Non è un prodigio sapere di provenire da questo abisso di amore? Ecco perché «la carità non avrà mai fine»: non ha fine perché non ha avuto inizio, non ha fine perché è la forma stessa della vita che la morte non può annullare, non ha fine perché il suo inizio è nelle mani di Dio.
Si legge nel Cantico dei Cantici: «Forte come la morte è l’amore… Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che disprezzo». In un certo senso sono parole che, nell’Antico Testamento, anticipano l’inno alla carità di san Paolo, e che vogliono trasmettere l’idea che l’amore sorpassa ogni ostacolo (tanto che Giovanni Battista riconosce il Signore Gesù perfino da dentro il grembo di sua madre!) ed è sintesi perfetta di un bisogno guarito dal dono (il famoso binomio eros – agape su cui ha riflettuto Benedetto XVI nella sua famosa enciclica sull’amore Deus caritas est). Ma san Paolo può innalzare il suo inno all’amore in una consapevolezza nuova, che solo Gesù Cristo può dare. «La carità non avrà mai fine» perché non solo «forte come la morte è l’amore», ma, grazie alla vita di Gesù che vince il sepolcro, forte più della morte è l’amore.