EPIFANIA DEL SIGNORE
Quali sono gli eventi del nostro tempo, quali i viaggi, le attese, i desideri che abbiamo in cuore e che trasmettiamo ai nostri figli? È una domanda adatta alla solennità dell’Epifania. I Magi intrapresero un viaggio in forza di un’attesa e lo portarono a compimento nutrendo ad oltranza il loro desiderio. La storia la conosciamo bene. Saggi conoscitori delle stelle, videro in un segno celeste il realizzarsi dell’attesa di un re nuovo. Bastò per partire e per cercare. «Siamo venuti ad adorarlo», dissero a Gerusalemme, allarmando Erode, che vide messo in pericolo il suo potere dall’eventualità che lì vicino fosse nato un re che, anche da così lontano, venivano addirittura ad adorare. Chi cerca, trova: il Dio bambino fu trovato in braccio a sua madre nella casa di Betlemme. Lo stupore fu grande e i doni cercarono in qualche modo di manifestarlo. Poi i Magi intrapresero un altro viaggio, quello che fa di un desiderio esaudito una responsabilità nuova, ancora nutrita di grandi desideri. Sì, perché chi trova, cerca: è quell’«altra strada» che portò i Magi al loro paese con un cuore nuovo, abitato da un evento reale.
Ritroviamo in questa vicenda la legge del Natale: il mio centro sta fuori di me, è qualcosa, è qualcuno per cui vale la pena di spendere la mia vita e di fare qualche sacrificio. Così pensano i Magi, e per questo partono. Così non pensa Erode, per il quale, invece, il centro di sé era proprio… se stesso. Egoista e invidioso, quindi pieno di paura e capace di perfidia e violenza. Erode esiste, eccome, e rischia di abitare i nostri cuori, se non vigiliamo. L’invidia fa vedere il bene dell’altro come un pericolo per se stessi, come una diminuzione del proprio potere, come un ostacolo sulla via della propria affermazione personale. L’invidia spegne la stella e genera il male. Ecco perché i Magi «al vedere la stella, provarono una gioia grandissima»: essi erano uomini del desiderio, trasparenti sino al punto da sembrare ingenui, aperti veramente con disponibilità piena a servire quell’evento che la stella semplicemente segnalava ma che rimaneva avvolto nel mistero, E così sconfissero l’invidia di Erode, non ne divennero complici.
L’itinerario dei Magi – che, oggi, nella solennità dell’Epifania, la Chiesa ci offre come esempio anche per la nostra vita – è segnato da un unico grande desiderio in cui un non sapere iniziale si trasforma in un nuovo sapere che innerva l’esistenza. Infatti, partendo dal loro paese, i Magi non sapevano che cosa avrebbero trovato. Scrive san Pietro Crisologo: «Oggi i Magi, che lo ricercavano splendente tra le stelle, lo trovano che vagisce nella culla. Oggi i Magi vedono chiaramente, avvolto in fasce, colui che tanto lungamente si accontentarono di contemplare in modo oscuro negli astri». In ogni autentico desiderio è la realtà dell’evento ad offrirsi come contenuto e verità. È il Bambino di Betlemme a costituire d’ora in poi le coordinate di viaggio dei Magi. È davvero un’altra strada quella che li riporta a casa, perché, se partendo non sapevano che cosa avrebbero trovato, ora, a partire da Colui che hanno trovato, sanno bene che cosa cercare nella loro vita.
Tornano a casa, è vero, ma in un certo senso, la casa in cui i Magi continuano a dimorare è la casa di Betlemme, ove hanno lasciato oro, incenso e mirra. Fare un regalo è sempre un modo per riceverne uno più grande. Anche i Magi, donando l’oro, ovvero la loro ricchezza, viaggiano con la forza data dal volto luminoso di quel Bambino che, da solo, vale più di tutto l’oro del mondo. Donando l’incenso, ovvero il loro desiderio, viaggiano con la certezza che il cielo è calato sulla terra e la terra elevata sino al cielo ed i loro desideri terreni sono pieni di speranza. Donando la mirra, ovvero le loro ferite, le loro fragilità, le loro infermità, hanno intuito che il viaggio terreno ha come destinazione quel Paradiso che hanno contemplato a Betlemme sul volto del Dio bambino.