SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI
La parola «santo» in greco suona in un modo inconfondibile – aghios – il cui significato non lascia dubbi: «senza terra». In effetti a noi, istintivamente, la parola «santo» fa pensare al cielo. I santi ci richiamano il paradiso, e non è forse il paradiso, il cielo, la condizione da cui è assente proprio la terra? Se così fosse, tutto sarebbe facilmente spiegato: noi siamo in terra, i santi sono in cielo. Invece no: resta da spiegare come sono finiti in cielo i santi. E dobbiamo allora rivolgerci alla terra. Proprio così. Senza la terra non si dà alcuna santità, anzi la terra è l’unico posto in cui si diventa santi. E tutti quelli che noi veneriamo come santi perché la Chiesa li ha dichiarati tali, e tutti quelli che santi lo sono stati anche se la Chiesa non li ha solennemente proclamati, tutti i santi, proprio tutti, hanno attraversato, per tanto o poco tempo, questa terra per diventare santi. Questo lo dico, per evitare che si pensi la santità come un privilegio raggiunto in forza di chissà quale preservazione dal contatto con la terra. I santi non sono affatto degli uomini e delle donne rari a cui è stato concesso di camminare a dieci centimetri da terra, esenti da tentazioni, a contatto perenne con situazioni buone (per cui – aggiungiamo noi – per forza sono diventati santi!). Leggetevi qualche biografia di santi e scoprirete una gran quantità di… terra nella loro vita. Anzi, più vera e sofferta è stata la loro relazione con la terra, con gli uomini, con le vicende umane, a stretto contatto con le mille miserie di cui è pieno il mondo, più marcata è la loro santità.
Si direbbe, allora, che il termine greco con cui si designa il santo come un separato dalla terra è sbagliato. Ed in effetti questa idea corrisponde perfettamente alla particolare concezione che il mondo greco aveva del cielo e della terra: gli dei stavano in cielo e gli uomini in terra, salvo poi accettare che gli abitanti del cielo ricopiassero i vizi diffusi sulla terra. Il cristianesimo porta una novità inaudita e inaspettata e ribalta la concezione del divino. Intanto Dio è uno solo e non si confonde con la terra. In questo senso egli è veramente il Santo per eccellenza. Ma proprio questo Dio prende la scandalosa decisione di incarnarsi. Il cielo assume la forma della terra. I cieli si aprono e piove il Dio fatto uomo. Quindi, neanche Dio – il Santo per eccellenza – è «senza terra». Anche Lui ha camminato sulle nostre strade, ha parlato, ha stretto mani, ha mangiato e bevuto, ha dormito, ha amato. Certo, se Gesù Cristo, Dio fatto uomo, non è un «senza terra», è sicuramente un «senza peccato». I santi, invece, che hanno seguito le orme di Cristo nella loro vita terrena, non sono nemmeno «senza peccato»!
Ma se non sono «senza terra» e non sono «senza peccato», allora ci assomigliano. Questo è il punto. Quello a cui non vorremmo arrivare. Perché, se i santi ci assomigliano, allora anche noi possiamo diventare santi. Lo possiamo diventare nonostante ci accorgiamo – se abbiamo un briciolo di umiltà e specchiamo la nostra anima nel Vangelo – di essere lontani mille miglia dal manifesto cristiano delle Beatitudini: tronfi nello spirito, tutt’altro che afflitti, pronti a colpire per primi, affamati e assetati della giustizia solo quando ci riguarda in prima persona, puntigliosi nel non perdonare, opachi di cuore (e anche di qualche cos’altro!), operatori di discordia e abilissimi a nascondere la nostra fede in Gesù Cristo quando si manifesta anche solo il minimo sospetto di essere rifiutati.
Questa rischia di essere la nostra descrizione. E i santi? Possiamo dire con certezza che anche i santi hanno sperimentato queste miserie tipiche della terra nella loro vita. E, quindi, santi lo sono diventati, perché, sperimentandole, hanno compreso che dovevano intraprendere una lunga lotta contro queste tendenze del male che si era annidato nel loro cuore.
Ecco che, a questo punto, anche la definizione greca di «santo» come «senza terra» assume un suo significato e comprendiamo in che senso i santi sono «senza terra». Non perché non abbiano sperimentato la terra, non perché a loro siano state evitate le tentazioni, non perché abbiano raggiunto facilmente la purezza, non perché fossero portati ad amare in modo giusto quasi in forza di una natura incontaminata. Nulla di tutto questo. I santi sono quegli uomini e quelle donne che hanno deciso di trasformare la loro vita tenendo come mappa di riferimento il Vangelo e le Beatitudini. Lo hanno deciso un giorno e poi magari il giorno dopo sono caduti nuovamente a terra, ma hanno scelto ogni volta di rialzarsi. I santi hanno fatto della misericordia il loro stile di vita, per aver tante volte provata la misericordia di Dio nei confronti della loro miseria. I santi sono diventati miti, per aver sperimentato l’inutilità della violenza. Il cuore l’hanno pazientemente purificato, perché nemmeno il loro era naturalmente puro. Insomma, «senza terra» lo sono i santi, perché, vivendo su questa terra da uomini e donne peccatori come noi, non hanno avuto timore a desiderare il cielo. Sulla bocca dei santi ritroviamo tante volte la consapevolezza del loro peccato: «Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono, perciò avremo il tuo timore». E troviamo anche la richiesta di aiuto, perché la grazia di mantenere il proposito preso venga dall’alto: «Manda, o Dio, la tua verità e la tua luce; siano esse a guidarmi, mi portino al tuo monte santo e alle tue dimore».
I santi sono coloro che, affidandosi alla grazia di Dio, e scegliendo tenacemente la via del bene, hanno costruito giorno per giorno la loro bellezza. La scelta del bene costa sacrificio, certo, ma è l’unica capace di rivelare quella bellezza che è la nostra somiglianza con Dio. I santi sono proprio quelle persone che con la loro vita, quotidianamente travagliata, sanno rendere trasparente il passaggio di Dio in mezzo a noi. Essi sono l’incarnazione che continua, lo sguardo di Gesù che ci raggiunge fisicamente e ci ama nel profondo. Sono apparizioni di cielo, pienamente terrene però, e per questo le possiamo incontrare.
Se è così, la solennità di oggi è soprattutto un grande inno alla speranza. Sì, grande speranza, perché siamo certi che ci sono santi che camminano al nostro fianco, uomini e donne che hanno preso sul serio il Vangelo e cercano di viverlo ogni giorno e ci vogliono bene. Grande speranza, anche perché tutti i santi del cielo oggi ci rassicurano: «Anche tu puoi farcela, attraversa, “senza terra”, la terra, noi ti attendiamo in cielo!».