La dinamica della Chiesa

SECONDA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

Essere cristiani è adesione ad una dottrina o partecipazione ad una esperienza? Tanti pensano che sia la prima cosa, e, quindi, di fatto non sono cristiani se non anagraficamente. La pagina evangelica che abbiamo ascoltato oggi ci racconta, invece, come è nata l’esperienza cristiana di Andrea e Giovanni, e poi di Simone, e non parla di dottrine o di idee, ma di persone che s’incontrano e che vanno a dimorare insieme. La dinamica della Chiesa – così potremmo chiamare il movimento descritto dal vangelo – è chiara: c’è un testimone che indica Gesù Cristo; vi sono uomini che si mettono sulle sue traccia; egli si volta e dà forma al loro desiderio invitandoli a stare con lui; uno dei due discepoli diventa subito testimone e conduce nella dimora di Gesù un altro discepolo, e così via. Ci sarebbero tante importanti sottolineature. Mi limito a riflettere sulle parole che fanno come da ossatura all’esperienza cristiana dei primi discepoli, perché esse costituiscono una sorta di percorso tipico per ognuno che voglia fare esperienza di Gesù Cristo, voglia cioè essere cristiano non solo anagraficamente.

«Ecco l’agnello di Dio!». Così afferma Giovanni Battista «fissando lo sguardo su Gesù che passava». Ovviamente i due discepoli si mettono a seguire Gesù perché Giovanni ha loro dato un’informazione decisiva, di quelle che mettono in movimento. Ma si tratta di un indizio, che domanda un coinvolgimento personale. È come se dicesse: «L’ho trovato: è lui! Adesso cercatelo voi!». L’esperienza non è ciò che ci accade, ma ciò che decidiamo di fare con ciò che ci accade. Per fortuna, all’inizio della nostra vita c’è stato un Gesù che passava e un Battista che, fissando il suo sguardo su di lui, ce lo ha indicato come l’agnello di Dio. Ma tocca a noi trasformare in esperienza questo accadimento. Gesù continua a passare e, provvidenzialmente, c’è chi lo individua in mezzo alla folla e lo indica presente. Ma bisogna trovare il coraggio di seguirlo.

«Che cosa cercate?». Gesù prende l’iniziativa, perché gli sta a cuore che l’esperienza sia cristiana. È ovvio che i due cercano lui, quindi non domanda «chi cercate?». Ma – dice con la sua domanda – visto che cercate me, che cosa cercate in me, che cosa vi aspettate da me? Si possono cercare cose sbagliate in Gesù. Un Dio potente che esaudisce i nostri desideri. Un uomo capace di fare compagnia alle nostre debolezze, e basta. Un rivoluzionario convinto o un accomodante pantofolaio. La domanda è onesta. La risposta è… un’altra domanda.

«Dove dimori?». Cioè: non ci interessa che cosa cerchiamo in te, ma vogliamo vedere che cosa proponi tu a noi, vogliamo entrare in comunione stretta con la tua vita per sperimentare chi sei veramente. Solo la dimora stabile con qualcuno te lo fa conoscere veramente, perché ti mette in contatto con il suo corpo, e non solo con i suoi libri o con la sua voce. La Chiesa è un dimorare, non un semplice alloggiare. La Chiesa nasce da un desiderio di fedeltà, non da una curiosità passeggera.

«Venite e vedrete». Gesù coniuga due verbi, uno al presente, un altro al futuro. Bisogna andare adesso, e – andando e dimorando con Gesù – sicuramente si potrà anche vedere chi è Gesù e rispondere così alla domanda «che cosa cercate?».

«Abbiamo trovato il Messia». Infatti, Andrea dimora con Gesù in quel fantastico giorno di cui ricorda anche l’ora – «erano circa le quattro del pomeriggio» – e riferisce subito al fratello Simone che cosa cercavano e che cosa hanno trovato. L’esperienza cristiana, quando è autentica, diventa subito testimonianza e si dilata in una missione inarrestabile.

Ci resta da meditare su queste parole che intessono la dinamica della Chiesa. Mi permetto di segnalare quelli che considero i due sbagli più comuni che noi commettiamo e che ci escludono spesso dal cristianesimo vissuto come appartenenza e non come semplice credenza. Il primo errore è l’individualismo: questo dialogo accade al «noi», e non all’«io» (anche Andrea annuncia a Simone al plurale… non c’è nessun «io ho cercato, io ho capito, io ho trovato»). Il secondo errore è la paura di dimorare: stiamo sempre alla soglia, pronti ad entrare solo se tutto è chiaro e evidente. Noi stiamo a vedere, poi magari andremo. Gesù continua a ripetere: «Venite e vedrete».

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