Corriere di Como, 9 gennaio 2018
Ed eccola, la pubblicità delle feste. La regia è di Pupi Avati, e sia: può darsi che cinematograficamente sia anche ben fatta. La location è perfetta per i giorni in cui si spende e si mangia di più lungo l’anno: un supermercato. E non è nemmeno fuori tema, perché Natale – nonostante in tanti se ne siano dimenticati – è la festa di una nascita. Questo spot risponde senza volerlo ad una domanda che qualche volta ci facciamo, anche solo per gioco: dove nascerebbe Gesù oggi? Dove troverebbe la sua stalla, la sua mangiatoia? Ebbene, in un supermercato. Non in uno qualunque, però, ma in un supermercato dove ci sono persone oltre le cose. Un supermercato dove il direttore si alza nel pieno della notte per andare a controllare i prodotti, e quando è già buio riporta a domicilio la bambolina persa sotto gli scaffali da una bambina-cliente facendole tornare il sorriso. Betlemme non può che essere lì, e allora per Natale ecco la réclame del primo parto al supermercato. Più che uno spot, un vero miracolo!
La scena è stata girata in un punto vendita di Taranto. Maria e Giuseppe (nomi di fantasia praticamente obbligati) hanno lasciato l’asinello fuori (dove sta nevicando), hanno preso il carrello della spesa e si aggirano tra gli scaffali. All’improvviso un urlo, le doglie ahimè sono iniziate. Uno pensa: che sfortuna, proprio mentre si fa la spesa! No, è una fortuna, perché il supermercato è attrezzato per il parto. Il fantastico direttore chiama all’altoparlante interno un dottore (non si sa se era lì per caso a fare la spesa, oppure se ce n’è sempre uno disponibile in questa catena di supermercati). Il medico accompagna Maria – che aveva trovato sostegno in una catasta di acqua minerale – nello spogliatoio del personale, dove la puerpera viene adagiata su un tavolo. L’ambulanza non arriva, e non c’è più tempo per correre in ospedale. Bisogna organizzare il parto e una commessa porta tutto il necessario (incredibile, ma c’è il kit per il parto già pronto da qualche parte in quel supermercato!). Intanto una folla di pastori (pardon, clienti) attende con grande trepidazione che l’evento giunga a buon fine. Il bambino nasce e i suoi primi vagiti invadono il supermercato, inondando di gioia i consumatori che esplodono in un applauso. Giuseppe abbraccia il mega direttore. Il dottore augura «Buon Natale» e la voce fuori campo (teologicamente verrebbe da pensare proprio a Lui…) suggella il tutto con una bella morale: «Nessun uomo è un’isola, e neanche un supermercato lo è». Il poeta inglese John Donne si rigira nella tomba, e noi ci sorbiamo decine di volte al giorno la pregevole pubblicità d’autore, colma di mielosa bontà.
Vorrei dire la mia. Intanto Gesù non sarebbe mai nato oggi nella ricca mangiatoia di un supermercato. Dove, sia chiaro, io vado solo per cercare cose, e ci resto il tempo strettamente necessario per comprare. L’idea del (super)mercato come una casa – e ora anche un ospedale – mi fa paura. E se è aperto tutti i giorni a tutte le ore del giorno e della notte, allora è proprio vero che sono le cose a valere più delle persone. Altro che slogan da réclame!