TRENTADUESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A
Questa parabola, raccontata oggi – magari come una delle tante finte “storie vere” di cui sono pieni i programmi televisivi – avrebbe avuto sicuramente un’appendice polemica per scoprire di chi è stata la colpa di tanto trambusto. State sicuri, che dal dibattito sarebbe risultato che il colpevole è lo sposo: arrivato in ritardo, è lui che ha creato una odiosa distinzione tra le dieci damigelle della sposa, ed è solo colpa sua se cinque sono rimaste fuori dal banchetto di nozze. A parte la trasposizione televisiva, la puntualità dello sposo è davvero un aspetto centrale di tutta la vicenda: se fosse arrivato subito avrebbe trovato dieci fanciulle con la lampada accesa, pronte per entrare alla festa di nozze. Invece, arriva in ritardo… e allora per cinque fanciulle comincia una inutile corsa contro il tempo, in affanno per recuperare l’olio. Sappiamo che non ce la faranno ad entrare! Perché l’olio si doveva recuperare prima, dopo è, comunque, troppo tardi. E perché lo sposo ha il diritto di tardare, e Gesù racconta la parabola proprio per ricordarci di tenere conto di questo ritardo. Ci invita tutti alla festa di nozze, nessuno è escluso. Però ci avvisa: «Guardate che dovete essere sempre pronti, perché posso giungere in ogni momento!». Sul biglietto d’invito non è indicata l’ora, e si avverte che è bene premunirsi per un’attesa che potrà anche essere lunga. Con l’immagine usata nella parabola, possiamo dire così. Bisogna avere l’olio dentro la lampada, cioè essere pronti ora, perché lo sposo può arrivare da un momento all’altro. Ma bisogna avere l’olio anche in piccoli vasi, cioè essere costanti, perché lo sposo può tardare a lungo.
Prontezza e costanza sono i tipici atteggiamenti del cristiano. Da vivere insieme, e qui sta il difficile.
Essere pronti dice leggerezza, distacco, noncuranza delle cose che stanno accadendo. Quando abbiamo programmato un periodo di vacanza e siamo pronti a partire, col pensiero siamo già in quel bellissimo posto ove passeremo giornate serene. Se guardiamo le previsioni del tempo, non c’interessa più di tanto che piova nel luogo in cui abitiamo e da cui stiamo per partire, c’interessa che ci sia il sole laddove stiamo andando… Dovremmo avere una simile prontezza nei confronti dell’incontro con Dio. Spesso invece siamo talmente legati alle cose di questo mondo, da non avvertire più la provvisorietà di questa vita.
Essere costanti, invece, dice fedeltà, impegno, immedesimazione nella realtà in cui si vive. La costanza è tipica di chi ama il proprio lavoro, la propria professione, la propria vocazione. Quando facciamo una cosa che non ci piace e in cui non mettiamo impegno, rischiamo di farla male, di commettere errori, di stancarci presto, di abbandonarla a metà. Quando, invece, siamo entusiasti di un determinato compito, lo svolgiamo bene, attenti a non sbagliare, senza considerare il tempo speso per compierlo. Mettendoci tutto l’impegno di cui siamo capaci. Ecco, dovremmo avere la stessa costanza nel vivere l’attesa dell’incontro con Dio, che dura quanto dura la vita terrena. Ogni momento è come se fosse il primo, come se fosse l’ultimo, come se fosse l’unico.
Si tratta, allora, di vivere un giusto equilibrio: aprirsi al futuro senza tradire il presente, abitare pienamente qui e ora senza dimenticare che la nostra dimora non è qui e ora. Solo il saggio riesce a saldare questi due atteggiamenti tipicamente cristiani, la prontezza e la costanza. Entra in scena la sapienza.
Lasciamoci, allora, istruire dalle stupende parole contenute nel libro della Sapienza (cf prima lettura). La sapienza non è certo considerata oggi un bene di prima necessità. Essa non assicura né danaro, né successo. Anzi, si tende a tenere lontano il sapiente dai luoghi che contano, per paura che egli possa modificare le regole del gioco, rendendolo meno redditizio… Bisogna, invece, ricercare la sapienza per trovarla. Bisogna desiderarla, perché essa si faccia conoscere. Ad un mondo che ama particolarmente la notte con tutti i suoi stordimenti e le sue luci artificiali, la sapienza dice: «Chi si si alza di buon mattino per cercarmi non si affaticherà, mi troverà seduta alla sua porta».