Corriere di Como, 30 maggio 2017
Anche solo parlarne rischia di essere una pubblicità. Ma stare in silenzio è ancora più pericoloso. Nei giorni scorsi nel Ravennate la Polizia è riuscita ad intervenire in tempo in un caso di suicidio programmato che potrebbe configurarsi come episodio del cosiddetto “Blue Whale” (Balena Blu).Come la balenottera azzurra va a spiaggiarsi e a morire, così in questo challenge nato in Russia, attraverso una serie di prove che mettono sempre più a rischio la vita di soggetti giovanissimi – la studentessa di Ravenna ha 14 anni – si arriva al suicidio come atto finale. Nella sola Russia sarebbero 157 i ragazzini di età compresa tra i 9 e i 16 anni, morti suicidi nell’ultimo anno, e il fenomeno sta diffondendosi grazie ad internet, che è il canale attraverso cui passano i messaggi dei criminali che gestiscono l’assurdo gioco e dove sono postati i video che documentano il superamento delle varie prove.
La Questura di Ravenna ha consigliato ai genitori di monitorare il comportamento dei propri figli, specie se in età adolescenziale. Il consiglio è del tutto pertinente e naturalmente la sua validità va ben oltre la drammaticità del caso che lo ha generato. Paradossalmente l’età adolescenziale ha subìto una strana parabola. Da età di passaggio è divenuta una vera e propria condizione prolungata di instabilità emotiva e di confusione decisionale. Se volessimo usare l’immagine sismica, l’adolescenza non è un terremoto misurabile in qualche scossa di magnitudo alta racchiusa in uno o due giorni, ma assomiglia ad un vero e proprio sciame sismico che dura mesi interi e che perpetua l’insicurezza minando la speranza di raggiungere la stabilità. Il mito dell’eterna giovinezza che attanaglia il nostro tempo – quasi che diventare adulti sia una colpa grave da cui continuamente sfuggire – nella realtà si riduce ad un prolungarsi dell’adolescenza che ha come unico risultato il rinviare scelte di vita. Dentro tale spazio trovano un senso anche certi assurdi venditori di… scelte di morte come nel “Blue Whale”.
Il paradosso è che questo prolungarsi dello stato di adolescenza ha come accorciato o addirittura annullato l’adolescenza anagrafica che dovrebbe durare tre o quattro anni. Questo nostro mondo, che corre freneticamente saltando le tappe, fa credere ai quattordicenni di essere già grandi. Bamboccioni, ma grandi. Grandi, se capaci di affrontare prove difficili e terrificanti, che rasentano il limite tra la vita e la morte, anzi, se necessario, chiedono di andare oltre.
Se a questo scombussolamento generazionale s’aggiunge il fatto che il controllo dei genitori sui figli riguarda anche quel marasma senza regole che è la Rete, allora il quadro rischia di apparire allarmante. Eppure, credo, che una strada ci sia, ed è la più antica, quella lastricata con le pietre. I genitori e gli educatori in genere – sperando che ve ne sia ancora qualcuno nelle aule scolastiche, che non si rassegna al ruolo del semplice istruttore – devono coltivare la comunicazione verbale e volto a volto con i propri figli. Guardarsi negli occhi e parlarsi è l’unico modo di controllare in un mondo di monitor e chat.