DICIANNOVESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno C
Da un po’ di tempo in qua noi cristiani siamo preoccupati perché il nostro numero diminuisce: sono sempre di meno quelli che vanno in chiesa, e magari sono ancora meno quelli che ispirano la loro vita quotidiana ai principi del Vangelo. Siamo pochi, ma sbagliamo a considerare questo stato di minoranza come una novità del nostro tempo. Non è così. Abbiamo ascoltato come Gesù chiama i suoi discepoli: «piccolo gregge». E, nonostante questo, li invita a non temere, a non avere paura: siete un gregge piccolo, ma non dovete temere! Semmai, dobbiamo preoccuparci di mettere in pratica i suggerimenti che Gesù stesso offre ai suoi discepoli, a quel «piccolo gregge» che anche noi oggi siamo. «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese»: è questo l’invito di Gesù, che ci richiama all’atteggiamento fondamentale della vigilanza. Come a dirci che il fatto di essere in pochi è insignificante rispetto all’impegno che dobbiamo prenderci in questo mondo.
Intanto non dobbiamo avere paura, perché ciò che è essenziale è già in possesso del «piccolo gregge», e ciò che è essenziale è solo la presenza di Gesù in mezzo a noi, quello che il Vangelo chiama «regno di Dio»: «al Padre è piaciuto donare a voi il regno», cioè ha voluto donarvi Gesù. Noi, eternamente alla ricerca dell’ultimo ritrovato del mondo, perennemente insoddisfatti di quanto già abbiamo, rischiamo di smarrire proprio questa consapevolezza: Gesù ci è stato donato, e Gesù è tutto, anche se siamo rimasti in pochi a credere in Lui! Certo, la paura svanisce solo se sappiamo orientare il nostro cuore verso il vero tesoro, quello che non invecchia e non è reso inutile dalla ruggine e dal tarlo. Qui Gesù tocca un tasto delicato e centrale nella nostra vita, quella personale di ciascuno di noi e quella della comunità cristiana in cui viviamo: se cadiamo nella spirale del possesso, se siamo preoccupati soltanto di difendere il nostro orticello, se ci lasciamo sopraffare dalla sindrome dell’accerchiamento, allora saremo pavidi e facili allo scoraggiamento. Se invece sappiamo riscoprire quotidianamente dove sta il nostro centro, il nostro vero tesoro, e usiamo Gesù come la bussola che ci orienta nel mondo, allora sarà difficile, per pochi che siamo, essere sopraffatti dal mondo distratto e godereccio che ci circonda. Sapremo, infatti, tenere le vesti strette ai fianchi e le lampade accese, come ci invita a fare Gesù nell’atteggiamento positivo della vigilanza. Le vesti strette ai fianchi sono tipiche o di chi lavora o di chi è in tenuta da viaggio. La vestaglia larga, invece, è propria di chi si prepara ad andare a dormire! È chiaro, allora, che i due atteggiamenti che proprio non si addicono ai discepoli di Gesù sono la pigrizia e la sedentarietà. Dobbiamo sentirci sempre in cammino, perché la meta sta oltre la storia terrena, ma essere pure consapevoli che essa si costruisce operosamente proprio nel tessuto di questa storia. Le immagini che traspaiono dalle parabole di Gesù e che vogliono illustrare l’atteggiamento della vigilanza sono improntate al senso del servizio operoso: chi attende il ritorno del Signore paradossalmente è tutto tranne che pigramente accomodato in poltrona; al contrario, è dedito al suo lavoro, nell’esercizio fedele delle proprie incombenze. Sbaglia chi crede che l’attesa della venuta finale di Cristo coincida con una vita sempre proiettata sul poi che verrà; è, invece, una vita perennemente spesa nell’oggi.
Tra poco, nella Messa, prima della consacrazione io vi rivolgerò un invito: «In alto i nostri cuori». E voi risponderete: «Sono rivolti al Signore». Sant’Agostino commentava così questo dialogo che anch’egli intratteneva con i fedeli: «Tutta la vita dei veri cristiani è tenere in alto il cuore; non dei cristiani solo di nome, ma dei cristiani di fatto. Che cosa è avere in alto il cuore? È la speranza in Dio, non in te; tu infatti sei in basso, Dio è in alto. Se tu metti in te la speranza, il cuore è verso il basso, non verso l’alto. Perciò, quando udite dal sacerdote “In alto il cuore”, voi risponderete “Lo teniamo rivolto al Signore”. Procurate di rispondere una cosa vera. Non accada che la lingua risuoni e la coscienza dica il contrario». Gesù ci ha detto: «Là dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore». Domandiamoci: dov’è il nostro tesoro? Dov’è rivolto il nostro cuore?