SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO – Anno C
La scena di questo racconto evangelico sembra irreale. C’è Gesù che trascina circa cinquemila persone ad ascoltarlo in un luogo deserto. Il suo insegnamento si protrae a lungo, sino a sera. I discepoli lo invitano a congedare la folla, così che ciascuno possa provvedere a trovare vitto e alloggio. Sono uomini concreti questi discepoli! Non come Gesù, che, in tutta risposta, li invita a provvedere al pasto di quelle cinquemila persone. Un idealista, uno che manca del senso della realtà, uno che non ha chiaro il potere d’acquisto del denaro e non sa nemmeno quanto costerebbe comprare da mangiare per così tanta gente. «Voi stessi date loro da mangiare», dice. Una parola, quando si hanno a disposizione cinque pani e due pesci! Già, li hanno contati, e hanno fatto un calcolo che anche un bambino potrebbe fare: non bastano nemmeno per cominciare… Contare e calcolare, ecco il metodo per risolvere i problemi. Lo utilizzano i Grandi del mondo nel G8, lo utilizziamo noi per le nostre piccole scelte. Gesù parte da quel conteggio, ma fa un altro calcolo. Mette in gioco il suo potere divino e conta su di noi. Il cibo lo procura Lui, che è il Signore della vita, ma vuole che siamo noi a dar da mangiare.
È racchiuso qui, in questo mistero, il senso della solennità odierna del Corpus Domini. Il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci è solo un anticipo dell’ultima cena, del dono eucaristico che diventerà il mandato della Chiesa nel corso della storia. Lui continua a procurare il cibo, noi continuiamo a dare da mangiare. E la festa del corpo di Cristo, così, continuamente si rinnova. Ma com’è questo corpus Domini che ancora oggi viene distribuito come vero cibo all’umanità? È una domanda importante che l’evangelista Luca ha voluto simbolicamente lasciare aperta in quelle dodici ceste di pezzi di pane e pesce avanzato. Dodici come gli apostoli. Una per ciascuno. L’Eucaristia, quindi, come dono e come compito.
Innanzitutto dono. «Voi stessi date loro da mangiare». Risuona ancora questo comando di Gesù. Noi siamo chiamati a dare da mangiare, ma ciò che diamo da mangiare è Lui che si offre in dono. Portare Gesù all’uomo significa avere la garanzia di portare l’unico Dono perfetto. Perfetto, non perché grande. Anzi: piccolo, fragile, da spezzare come un pane, così che possa essere condiviso. È il Tutto che accetta di apparire come poco. È il poco che diventa sufficiente per tutti. Il dono è esattamente la sovrabbondanza nascosta nel frammento. È il Dio infinito che gode di essere… finito in mezzo a noi. Ciascuno di noi potrebbe dire: «Faccio la comunione e mi si scioglie in bocca un pezzo di pane senza sapore, di quantità e qualità insignificanti… che cosa cambia?». Cambia, perché è Dono fatto a me. Qual è la forza di un abbraccio dato ad un amico? Qual è la forza di una carezza data ad una persona amata? Qual è la forza di una parola detta ad una persona triste? Solo il fatto che quell’abbraccio, quella carezza, quella parola siano donate regala a questi gesti una forza. Solo il dono nutre davvero, anche se povero, anche se piccolo, anche se ripetuto e quotidiano, anche se fragile. Gesù fa conto su questa legge inscritta nel nostro cuore umano. Egli si dona tutto, perché è sicuro che solo così noi riceviamo la sua forza.
Gesù fa – come quel giorno del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci – questo unico «calcolo» ed esso – il dono che Egli fa di se stesso – diventa il nostro compito. Il compito è esattamente ciò che esprime la durata – il «computo» – di un’azione. Il compito affidato da Gesù agli apostoli, il compito affidato a noi è proprio quello di far durare il suo dono in mezzo agli uomini. Ricevere il Dono dell’Eucaristia, ricevere Gesù, diventa ogni volta il compito di assimilarlo e incarnarlo nella nostra vita e comunicarlo con la nostra vita. Quel giorno Gesù aveva chiesto agli apostoli di distribuire il pane da Lui moltiplicato alla folla, ma in quel gesto era come anticipato il frutto dell’Eucaristia, che è capace di trasformare misteriosamente il nostro corpo che la riceve nel corpus Domini. Mangiamo Gesù, diventiamo Gesù. Quindi, non solo: «voi stessi date da mangiare»; ma: «date da mangiare voi stessi». Nessuno obietti: ma io valgo poco. Fai della tua vita un dono, ed essa nutrirà.