L’espressione «vita da cani», quando non ha connotazioni dispregiative, denota un’esistenza contenta, libera, spensierata. Il mio gatto conduceva, finché è stato in vita, una perfetta «vita da cani», con la finestrella nella porta che dà sul giardino che gli permetteva di entrare e uscire a suo piacimento. Poteva persino andare a caccia, senza sentirsi in colpa. E qualche volta tornava scornato, con le orecchie basse, perché gli uccellini lo avevano preso in giro.
Ora accade che anche i quadrupedi domestici corrono il serio pericolo di perdere la loro fantastica «vita da cani» a causa dell’ultima diavoleria inventata da un gestore di telefonia mobile. Precisamente – lungi da me fare pubblicità diretta – quel gestore che qualche anno fa aveva promesso che, scegliendolo, avresti potuto essere colui attorno a cui girava tutto, insomma il magnifico sole del «tutto intorno a te». Peccato che lo prometteva a tutti e, quindi, a nessuno! Ora, il gestore telefonico sta lanciando un dispositivo per la localizzazione GPS e il monitoraggio dell’attività degli animali domestici, da mettere sul collare del cane (o del gatto) e che permette di controllare dal proprio cellulare dove si trova l’animale, dove è andato, quanto ha dormito, che cosa ha mangiato e altre amenità. La «vita da cani» è a rischio! Mai più vita libera e anche un poco selvaggia, ora anche il cane finisce schedato, secondo dopo secondo, sul cellulare del padrone.
Papa Francesco, nei giorni scorsi, si è permesso di dire che spesso gli animali sono trattati meglio degli umani, e la sua uscita non è stata apprezzata da tutti. Non so se questo dispositivo permette di trattare l’animale meglio degli uomini o se lo accomuna alla nostra sorte di soggetti perennemente spiati e intercettati. Quel che è certo è che, con quell’aggeggio al collo, neanche il cane può più sonnecchiare quando vuole, farsi qualche passeggiatina libertina, non essere costretto a mangiare vegano pure lui… Insomma, «vita da cani» addio!
Ed io, magari, di qui a poco tempo, sarò costretto a cambiare anche la parabola della pecora smarrita. Con il fantastico dispositivo GPS e l’applicazione sempre aperta sul cellulare, come potrà più perdersi la pecorella? Basta impostare un recinto virtuale e, non appena la sprovveduta se ne esce, suona l’allarme e il buon pastore diventa un volgare accalappiatore seriale. Ricordo una pagina bellissima di sant’Agostino che utilizzo spesso per la prima confessione dei bambini in parrocchia. Il pastore è disposto a cercare la pecorella perduta e, se nel ricercarla lo feriranno i rovi delle siepi, anche in tal caso si caccerà nelle loro strettoie, frugherà per tutte le siepi finché non la ritrova. E, dice una storiella che racconto ai bambini, nonostante molti consiglino di farlo, il pastore non ripara il buco nel recinto da cui la pecorella è scappata, perché vuole lasciarla libera di scappare ancora, tanto lui andrà sempre a cercarla. Perbacco, nulla più di tutto questo, se basta dotare anche la pecorella del nuovo dispositivo. Per il pastore niente più ricerche, niente rovi, niente fatica: sul telefono gli compare immediatamente dove si trova la pecorella, che, quindi, non è mai smarrita!
Senza contare che, oltre a rovinare la «vita da cani» ai nostri amici a quattro zampe, il nuovo dispositivo telefonico aggiunge una nuova applicazione da guardare compulsivamente sul cellulare. Un’altra schiavitù che giunge a minare la già scarsa libertà di cui godiamo. Sia che vogliamo più bene a noi che agli animali, sia che amiamo gli animali più degli uomini, la scelta è dunque obbligata: risparmiamo 100 euro e prendiamoci cura di noi stessi e dei nostri cani e gatti come abbiamo sempre fatto. L’affetto del buon pastore è più bello di ogni tecnologia…