Il dono del timor di Dio

ASCENSIONE DEL SIGNORE – Anno C

Primule nel sottoboscoLa solennità di oggi ci permette di leggere la nostra vita alla luce della vicenda terrena di Gesù. È una festa cristiana, quella dell’Ascensione, che completa il grande mistero del Natale e il grande mistero della Pasqua. Che cosa succede a Natale? Facciamo memoria della nascita di Gesù. È per tutti i cristiani la grande festa dell’Incarnazione. Vuol dire: Dio non è rimasto nella sua lontananza, pur provvidente nei nostri confronti, ma ha deciso di prendere su di sé la nostra stessa natura umana. Dio si è fatto uomo, è venuto ad abitare in mezzo a noi. Che cosa succede a Pasqua? Facciamo memoria della morte e risurrezione di Gesù. È la festa della nostra redenzione, cioè della nostra salvezza. Ovvero: quella natura umana che Gesù ha assunto, la porta sin sulla croce, la conduce sino alla fine. A Pasqua il Natale diventa drammaticamente vero. Quell’uomo nato a Betlemme è davvero Dio che salva, sino al dono totale di se stesso. Quindi, Natale è Dio fatto uomo; Pasqua è Dio fatto salvezza per l’uomo. L’Ascensione è… l’uomo fatto Dio! La nostra terra è stata pienamente assunta da Dio ed ora va ad abitare in cielo. Alla destra del Padre c’è il Cristo risorto, ma il Cristo risorto è un uomo passato attraverso la nascita e la morte. In questo momento in Dio c’è la nostra umanità, quella uscita dalle sue mani che hanno plasmato Adamo e quella rientrata nelle sue mani che accolgono il nuovo Adamo, Gesù Cristo risorto.

Sembrano cose per teologi, campate per aria. E invece si tratta della verità più importante, quella più consolante. In un certo senso, l’evento dell’Ascensione cambia il nostro destino di uomini, cioè il luogo ove siamo diretti, che è lo stesso di Gesù: siamo fatti per il cielo e non per la terra, e non meravigliamoci quindi se la terra continuamente ci delude, è normale che sia così, perché non è la terra la nostra patria, ma il cielo. Non certo il cielo cosmico, che è ancora uno spazio, e fa parte delle cose create, ma il cielo della fede, quella condizione nuova in cui è entrato Gesù, portando con sé anche la nostra umanità. Cambia, poi, il nostro modo di incontrare e riconoscere Gesù qui sulla terra: non si tratta più di cercare il suo volto e toccare il suo corpo – come fu permesso ai suoi discepoli in quei quaranta giorni dopo la Pasqua – ma di riconoscerlo presente in tanti corpi e in tanti volti, e soprattutto in quel grande corpo, che è la Chiesa. Noi cristiani abbiamo uno specchio in cui già si riflette la gloria del corpo di Cristo asceso in cielo, ed è la Chiesa. È uno specchio che usiamo poco, che talvolta rompiamo o che snobbiamo, convinti di poter camminare da soli… Ebbene, ricordiamoci che dopo l’Ascensione il corpo di Cristo che noi possiamo ancora toccare è solo quello della Chiesa!

Proseguendo ora nel nostro itinerario pasquale alla scoperta dei doni dello Spirito Santo, consideriamo il dono del timor di Dio. Proprio nel giorno dell’ascensione di Gesù al cielo, i suoi discepoli dovettero sperimentare una sorta di turbamento. Attenzione, però, a capire bene che cos’è il timore di Dio, che noi confondiamo facilmente con la paura di Dio. I discepoli non avevano alcuna paura di Gesù. Perché avrebbero dovuto aver paura di Lui? Dio è Amore, e non può farci del male, di Lui non si deve aver paura! Quello che chiamiamo timor di Dio è esattamente l’opposto della paura di Dio. Semmai è paura di offendere Colui che ci vuole tanto bene, come ci accade di temere di offendere con il nostro atteggiamento la persona cui vogliamo bene e che ci vuole bene: un figlio deve nutrire timore dei suoi genitori, ma questo non significa che deve aver paura di loro, ma che deve temere di offenderli con la sua disobbedienza e i suoi capricci. Così è anche con il nostro Padre celeste. Si capisce, quindi, come sia importante il dono del timor di Dio: è Dio, l’Amore stesso, che ci dona la capacità di amarlo perfettamente e di vivere fino in fondo le esigenze dell’Amore. Timore, quindi, dice soprattutto affidamento. Il vero timorato di Dio è colui che, proprio perché è consapevole di avere un tesoro prezioso da custodire, sa anche che può essergli rubato in ogni momento, e per questo si affida non alla propria presunzione, ma alla forza e alla protezione di Dio.

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