SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA – Anno C
La seconda domenica di Quaresima ci porta dal deserto delle tentazioni al monte della trasfigurazione. Sono due tappe obbligate di questo tempo liturgico. Sul monte in cui Gesù è salito insieme a Pietro, Giacomo e Giovanni accade un fenomeno strano: «mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante». Gesù entra in dialogo non solo con il Padre, ma anche con Mosè ed Elia, cioè con la Legge e con i Profeti. I tre discepoli, pur «oppressi dal sonno (…) videro la sua gloria». Impossibile evitare un parallelo con un altro momento della vita di Gesù, nel Getsemani: anche allora Gesù conduce i tre discepoli con sé, più vicini, nel momento della preghiera; anche in quel momento essi sono oppressi dal sonno, ma non riescono a restare svegli per vedere l’agonia di Gesù. Si direbbe che è più facile restare svegli per vedere la gloria di Gesù sul monte che per vedere la sua sofferenza nell’orto… È così. Eppure Gesù quel giorno sul monte parlava con Elia e Mosè proprio di quel viaggio verso Gerusalemme che avrebbe avuto il suo esito drammatico a partire dall’agonia del Getsemani. Perché Pietro vuole restare sul monte? Forse perché non ha molta voglia di compiere quel viaggio ed è bello stare sul monte in cui Gesù appare sfolgorante nella sua trasparenza divina. A che serve la sofferenza, se si vede la gloria? Perché scendere a valle e arrancare sulla strada se lo spettacolo che si gode sul monte è già perfetto? Come sentiamo vicino questo Pietro, uomo concreto, entusiasta, totalitario nel suo affetto per Gesù, tanto da volerlo sempre così, con quel volto meraviglioso, trasfigurato in Dio! Non ci capita forse la stessa cosa nei confronti delle persone a cui vogliamo più bene? Vorremmo sempre vederle contente, trasparenti, fiduciose, piene di luce, così che anche noi possiamo partecipare della loro luce, della loro felicità, della loro trasparenza. Pietro è disposto a rinunciare alla protezione della tenda, purché Gesù continui a stare sul monte e a permanere in quella luce sfolgorante che tanto lo entusiasma e lo fa stare bene. Invece no. Bisogna sì gustare la luce sfolgorante del monte, ma essa serve per sfondare il buio della valle. Bisogna dire: «È bello per noi essere qui» – perché, se è bello, è bello, non si può dire diversamente! – ma il «qui» in cui «è bello essere» non è in quel luogo in cui si vorrebbe sempre stare, ma è deciso dalla voce di Gesù che va assolutamente ascoltata. E Gesù ci chiede di trasferire la bellezza di quella esperienza paradisiaca dentro la vita di tutti i giorni, a contatto con la fatica, laddove i volti delle persone che amiamo sono segnati anche dalla stanchezza, dall’impegno del cammino che fatalmente domanda le sue rinunce e regala al volto una bellezza più consapevole e matura. Amare qualcuno significa rivelargli la sua bellezza. Dio ama Gesù rivelandogli la sua bellezza sul monte, ma quella bellezza trasparirà immutata anche dal suo volto piagato sulla croce. Il volto del Gesù trasfigurato e quello di Gesù crocifisso hanno forme diverse, ma sono ugualmente belli perché è l’amore a dare forma ad entrambi. Lo stesso amore. L’amore del Padre.
Che cosa dice tutto questo al nostro cammino quaresimale, fatto di tagli e ricami per confezionare l’abito cristiano? Dice che dobbiamo dare un taglio all’apparenza e all’ipocrisia per cucire con il filo della trasparenza. Se abbiamo capito in che cosa consiste veramente la bellezza di una persona, sappiamo che non è affatto una questione esteriore. Purtroppo viviamo in un’epoca in cui conta solo l’apparire, e in cui i rapporti umani sono segnati dall’ipocrisia. Si fanno carte false pur di sembrare ciò che non si è, ma che è preteso dalle regole del gioco. E spesso l’ipocrisia è doppia: io non sono veramente quello che appaio e l’altro mi mostra una maschera di se stesso, per cui tutto si regge sulla finzione. La trasparenza rompe questa messinscena e regala il segreto della vera bellezza. Perché la trasparenza è una virtù quaresimale? Perché solo la trasparenza che s’instaura tra due persone permette la conversione, cioè la disponibilità al cambiamento a partire dalla manifestazione sincera del proprio limite e delle proprie povertà. La trasparenza è fonte di vera trasfigurazione!