VENTINOVESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B
«Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore». Una di quelle frasi di Gesù che non si possono cancellare. Certo, non è un’affermazione che ascoltiamo altrove. Ha il timbro originale del Vangelo. È una rivelazione tipicamente divina su qualcosa che riguarda l’umanità.
Oggi celebriamo la Giornata Missionaria Mondiale, che è sempre un invito a togliere i confini al Vangelo. Ebbene, questa frase di Gesù è senza confini ed elimina i confini. Non solo i piccoli possono essere servitori, ma anche i grandi. Anzi, i grandi, se proprio vogliono essere considerati grandi, debbono a maggior ragione essere servitori, servitori dei grandi e dei piccoli. Gesù dice: «Chi vuole diventare grande…». E chi non vuole diventare grande? Eppure Gesù stesso aveva appena insistito con un’altra parola che è tipicamente sua: «Se non diventerete come bambini…». Ma allora, Gesù, dobbiamo diventare grandi o diventare come bambini? È la stessa cosa. Per il Vangelo diventare grande è diventare come bambini, perché «chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore». Chi è più grande in casa, il papà o la mamma, oppure la nonna, oppure uno dei figli? Facile rispondere con il criterio di Gesù: il più grande è il più servitore, il più grande è colui che si mette nei panni dell’altro, che si pone a servizio del suo bisogno, che ha in mente di lenire la sua stanchezza, che addirittura sa precedere la domanda di aiuto e si mette a servizio senza farselo domandare. Il bravo «cameriere» fa così: ha un occhio vigile sui tavoli e cerca di prevedere quel che il cliente potrebbe domandargli, e, con un tocco di gentilezza squisita, arriva prima della domanda, portando una forchetta, un tovagliolo, un secondo bicchiere per il vino o una ciotola piena di pane. Pensate come sarebbe diverso il clima nelle nostre famiglie se ci fosse questa gara ad essere servitore degli altri! Se, entrando in casa, il figlio pensasse: «Devo guardare negli occhi la mamma e capire di che cosa ha bisogno e aiutarla», oppure il marito: «Devo subito donare attenzione a mia moglie e lasciare fuori dalla porta le preoccupazioni del lavoro», e la moglie: «Devo subito interessarmi di come è andata la giornata di mio marito, e mettere in secondo piano le mie domande», e così via; se così fosse, nelle nostre case sarebbe presente lo Spirito di Gesù, che è venuto a servire e non per essere servito. E la stessa cosa vale per la comunità cristiana, che cresce nella misura in cui ciascuno presta umilmente il suo servizio, non quello che piace ma quello di cui c’è bisogno.
In fondo, questa è la logica della missione cristiana, in cui sono impegnati uomini e donne generosi in tutto il mondo: vanno a portare Gesù, ma si accorgono che a quella gente manca l’acqua, e, allora, insieme alla chiesa, costruiscono un pozzo. E se i bambini non sanno leggere e scrivere, aprono una scuola in cui il nome di Gesù s’impara insieme all’alfabeto. E se le persone muoiono per malattie che da noi sono curabili, aprono un ospedale, in cui la salute del corpo riacquistata serve a valutare ancora meglio la salvezza di tutta la persona che i missionari cristiani sono andati a portare con il Vangelo.
E se i bambini di una comunità hanno bisogno di conoscere meglio Gesù, il Vangelo, la Chiesa, i sacramenti? Certo, ci sono i genitori che, nel giorno del battesimo, hanno assunto l’impegno di insegnare le cose di Dio ai loro figli. Ma, per fortuna, ci sono anche i catechisti, i primi missionari della fede, i più importanti collaboratori dei genitori e, allo stesso tempo, i più importanti collaboratori del parroco, che ha, come missione essenziale in una comunità, quella di seminare il buon seme della Parola di Dio e di formare buoni cristiani. I nostri catechisti hanno ricevuto un mandato ad evangelizzare e a testimoniare. Ma vorrei che sentissimo tutti questo mandato, che non lo avvertissimo come un «mandare» qualcun altro, ma come un «andare» in prima persona. Perché missionari lo siamo tutti in forza del battesimo. La missione è il primo e più grande servizio, quello che ci rende davvero «grandi» dentro la Chiesa e nel mondo. Ecco perché insisto molto sulla collaborazione tra catechisti e genitori. Il compito è lo stesso: essere servitori della fede dei nostri ragazzi.