Ricomincia un anno: ecco il piano pastorale che vale sempre…

Chiesa di Ponzate vista da LipomoIl momento della ripresa. Le scuole hanno riaperto i battenti. C’è il solito profumo di speranza nell’aria, anche delle nostre parrocchie. Tutto ricomincia e – a costo di essere ripetitivo – è davvero inutile andare a cercare altri inizi desunti da pur nobili calendari. Gli orari delle famiglie sono dettati da quelli scolastici. Le feste patronali sono adesso, legate a Maria nascente, all’Addolorata o alla Vergine del Rosario. Qualcuno domanda: c’è un piano pastorale? Certo, arriverà. Lo leggeremo, ne faremo tesoro, cercheremo di seminarne lo spirito calandolo dentro la realtà. E la realtà – diciamolo senza paura – sfugge sempre alle gabbie dei piani, che un po’ di burocrazia stantia e disumana la trascinano sempre a valle. E per fortuna è così, perché è la realtà la vera ricchezza, ad essa dobbiamo guardare con grande attenzione, accettando che incanali l’acqua delle nostre idee per una maggiore fecondità. Anche il Verbo di Dio – per primo – ha voluto accettare la ricchezza della carne umana per far conoscere chi è veramente Dio. Un argine è la realtà, che permette alla sapienza d’essere prorompente senza esondare.

Nella mia parrocchia in questa domenica si ricorda l’anniversario della dedicazione della chiesa, 235 anni fa, il 21 settembre 1779. Rimasugli di storia? Affatto. L’occasione giusta per cogliere un segno e per non scambiarlo con il significato. L’occasione propizia per riprendere un nuovo anno pastorale con un piano pastorale che vale sempre e che sempre deve essere ricordato. La pagina evangelica ci riporta quella parabola (Mt 20,1-16) che un poco ci stupisce, perché il padrone della vigna non si stanca di uscire di casa a tutte le ore per cercare operai da mandare a lavorare nella vigna, e soprattutto ci infastidisce, perché egli paga gli operai della prima ora come quelli dell’ultima ora con una bontà che a noi pare ingiusta. Ho cercato di leggere questa parabola, incrociandola con l’anniversario della nostra chiesa, e innestando il tutto dentro il profumo della speranza per un nuovo anno pastorale che si apre. Ne sono uscite queste parole che qui riporto, come stimolo a tutte le comunità parrocchiali che in questi giorni festeggiano un nuovo inizio…

«Vorrei farvi una domanda: da che cosa si capisce che a Ponzate c’è una comunità cristiana? C’è un segnale esteriore che si vede anche da lontano, salendo da Como sull’altro versante della valle del Cosia, ed è questa nostra chiesa con il suo campanile. Uno vede una chiesa, scorge un campanile, e dice: lì, in mezzo a quelle case abbarbicate sulla montagna, lì c’è una comunità cristiana. Questa deduzione non è affatto sbagliata. Eppure è incompleta e rischia anche d’essere fuorviante. Poniamo che uno abbia visto da lontano la nostra chiesa e sia arrivato sino a qui e abbia trovato la porta della chiesa chiusa. Di solito, per sapere se dietro quella porta si raduna ancora una comunità cristiana, come prima cosa si cerca un campanello con stampato sopra il nome del parroco. Se c’è il parroco, vuol dire che c’è una parrocchia, vuol dire che quella chiesa è magari chiusa, ma abitata. Anche questa risposta è, però, incompleta. Per essere certo che dove c’è quella chiesa c’è anche una comunità cristiana, in quella chiesa bisognerebbe arrivarci di domenica quando il parroco presiede la Messa e celebra l’Eucaristia con i bambini, i giovani, gli anziani, le famiglie che abitano in quelle case abbarbicate sulla montagna. I cristiani di Ponzate vissuti in questo luogo tanti secoli fa’ – almeno otto, se si sta ai documenti, ma forse anche di più – hanno costruito una chiesa, ma i cristiani che abitano qui oggi sono essi stessi la vera Chiesa di Dio che sta in Ponzate, solo se si lasciano costruire dall’Eucaristia che celebrano nel giorno del Signore. E deve essere chiaro a tutti che senza l’Eucaristia non c’è la Chiesa, anche se vi possono essere una o più chiese. Ed è dall’Eucaristia che si originano tante attività e iniziative a favore delle persone, dei bambini, dei giovani, degli anziani, delle famiglie, ma quelle attività non sono affatto la Chiesa se non hanno un legame profondo con l’Eucaristia, che, sola, può fare, edificare la Chiesa.

Vorrei proprio che tutti insieme comprendessimo questa verità che ci costituisce nel profondo, e che non è affatto un gioco di parole. Uno potrebbe pensare: mi piace cantare, mi piace far giocare i bambini, mi piace fare le torte, mi piace disegnare, mi piace fare teatro, mi piace studiare, mi piace organizzare iniziative benefiche, mi piace fare le pulizie, mi piace riparare le cose che si rompono… Faccio l’attività che preferisco e mi sento realizzato, e incontro persone che hanno i miei stessi interessi, e mi scelgo le persone che preferisco e sto insieme a loro… e costruisco la comunità e le do il mio contributo e, poi, alla domenica, quando riesco, quando posso, quando c’è il sole, quando mi sveglio con la luna giusta, quando non ho preso già altri impegni, quando non ho niente di meglio da fare, allora vengo anche a Messa. Se pensa così, si sbaglia di grosso. Non è così che funziona la Chiesa di Cristo e dei cristiani. Abbiamo ascoltato la parabola che ci è stata proposta oggi nella pagina evangelica. C’è un padrone di casa che esce continuamente a tutte le ore del giorno per cercare di riempire di operai la sua vigna. E per avere la ricompensa – che poi è unica ed è uguale per tutti – non è importante che cosa si è fatto, quale attività si è scelta, quanto si è lavorato. L’unica cosa che conta è aver risposto di sì alla chiamata del padrone e l’essere andati a lavorare nella vigna, anche per un’ora soltanto. Dio vuole bene a tutti, indistintamente, e a tutti vuol fare la sua proposta. Ciò che conta è incrociare questo bene, dicendogli di sì.

Che cosa significa questo nella vita di una comunità cristiana? Significa che l’ordine è capovolto rispetto a quello che vi ho descritto poco fa. Io accolgo l’invito ad essere convocato dall’Eucaristia, nel giorno del Signore, e lì mi rendo disponibile per fare ciò che è ritenuto indispensabile per il bene della vigna. Prima c’è il Signore Gesù, presente nell’Eucaristia. Entrare in comunione con Lui mi fa essere in comunione con gli altri e mi regala lo spazio di una comunità a cui offro la mia disponibilità, prima di tutto a far crescere le relazioni e la convivialità, poi anche a prestare il mio servizio. Capite che il «mi piace», che là stava all’inizio, qui sta in fondo ed è comunque subordinato al bene della comunità. Cari parrocchiani, questo è l’unico piano pastorale parrocchiale che davvero possa edificare la Chiesa!».

 

 

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2 thoughts on “Ricomincia un anno: ecco il piano pastorale che vale sempre…

  1. Se si può sapere per favore, la domenica …. a che ora Don Agostino Lei celebra la santa messa?. io vedo per la prima volta la facciata della Sua Chiesa e cercherò di organizzarmi anche se abito lontano, per venirci. In chiesa possono entrare anche i non parrocchiani !

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