Venticinquesima Domenica del Tempo Ordinario. L’invidia, un occhio cattivo…

La parabola di Gesù non è poi così difficile da capire: il padrone della vigna offre a tutti ciò che è indispensabile per affrontare la giornata, e a quel tempo la paga di un giorno era un denaro. Offre indistintamente lo stesso salario a tutti coloro che hanno accolto la sua chiamata a lavorare nella vigna. Noi siamo sempre titubanti di fronte al fatto che questa generosità del padrone vada contro la considerazione della fatica effettivamente prodotta dagli operai. Ma in realtà non si può dire che il padrone abbia commesso ingiustizia, avendo dato a ciascuno secondo il pattuito. Semmai, la parabola mette in luce la trasparenza del nostro occhio. Il padrone, per difendere il suo atteggiamento, dice testualmente: «Oppure il tuo occhio è cattivo perché io sono buono?». Il problema non è la bontà di Dio, ma l’occhio con cui noi la guardiamo. E l’invidia è un occhio cattivo sulla realtà, un occhio sbagliato. Non sa vedere il proprio bene e non sa accettare il bene dell’altro. In fondo, ogni operaio quella sera si trovò in tasca quanto era necessario per vivere. Avrebbe dovuto guardare quello e ringraziare per l’opportunità che gli era stata data, ringraziare per la fatica fatta perché era stata remunerata. L’invidia è davvero un occhio cattivo che avvelena la vita.

C’è una fiaba che raccontiamo ai bambini e che mostra i danni che l’invidia può produrre nel cuore umano. È la fiaba di Biancaneve. La regina invidia Biancaneve per la sua bellezza che offusca la propria, ma questa valutazione è legata ad uno specchio, cioè ad un modo sbagliato, cattivo di guardare e di guardarsi. Ora, pur di diventare la più bella, la regina è disposta a diventare brutta – a trasformarsi in strega – pensando ormai solo ad eliminare la povera Biancaneve. L’invidia non è solo un occhio cattivo, ma alla fine è un occhio cieco, che non ci vede più e che perde di vista lo stesso obbiettivo che si era prefissato all’inizio. È un occhio che, operando continuamente paragoni con gli altri, non è più in grado di vedere né se stessi né gli altri nella loro luce. L’invidia conduce alla morte interiore perché nasce da una tristezza interiore. Credo che dobbiamo proprio stare molto attenti a questo sentimento, che è capace di minare la vita sociale oltre che abbruttire la persona. È significativo che nella fiaba stessa, Biancaneve si rifugi nella casa dei bambini – i sette nani – per difendersi dalla regina che vuole ucciderla. Evangelicamente parlando, è la logica dei piccoli quella che può custodire la vera umanità. Gesù stesso ci invita a diventare «come bambini» per entrare nel regno dei cieli. La logica dei piccoli è quella che guida il padrone della vigna, preoccupato che tutti possano avere un salario. È la logica di Dio che vuole che tutti gli uomini siano salvi. Certo, non può obbligarli ad andare a lavorare, ma esce continuamente a cercarli, perché vuole che abbiano il denaro della salvezza. Noi possiamo stare certi che Dio si comporta così con noi.

La quasi totalità di noi ha ricevuto il battesimo poche settimane dopo essere nato, grazie alla scelta dei propri genitori. Ma quella chiamata a cui si riferisce la parabola richiama, più che il giorno del battesimo, il giorno in cui ciascuno di noi ha colto il passaggio di Gesù Cristo concretamente nella sua vita. Può darsi che per qualcuno questo giorno non sia ancora venuto. Ha scritto il card. Angelo Scola parlando dell’incontro degli apostoli con Gesù: «Ad un certo punto, inaspettatamente, nel ritmo normale della loro esistenza, una persona si rivela per loro così decisiva da non poterne più fare a meno… La partecipazione compiuta della nostra libertà alla vita della Chiesa è incominciata, anche per noi, nel momento in cui un incontro significativo, magari in occasione di un fatto particolarmente importante della nostra esistenza, ci ha percossi, convincendoci della verità, della bontà e della bellezza di essere cristiani». Ecco perché in questa parabola è davvero sorprendente la forza di questo padrone della vigna che continua a creare occasioni di incontro e a stimolare la libertà di chi aspetta una chiamata. Ciò che fa davvero la differenza è aver risposto, anche all’ultimo momento, ed essere andati a lavorare nella vigna, dando così compimento alla propria libertà.

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One thought on “Venticinquesima Domenica del Tempo Ordinario. L’invidia, un occhio cattivo…

  1. Sono stata battezzata due giorni dopo la nascita, più in fretta di così non si può! E’ una buona notizia che Dio ci voglia dare una mano per salvarci, io dico, se quelle persone che parlano sempre e che non sanno far tacere le labbra e il cuore, come fanno a sentire la voce di Gesù?

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