Domenica di Pentecoste. Lo Spirito non è un… soprammobile!

Quante volte capita nella vita che un dono ricevuto – magari con immensa gioia e con vivo senso di gratitudine – finisca precocemente in un angolo, in un cassetto, destinato a coprirsi di polvere. Ai bambini questo succede spesso: i nuovi regali mandano in rottamazione i vecchi, che finiscono anonimi nel cestone dei giochi. Ma anche noi adulti dimentichiamo in fretta i doni ricevuti, e diventiamo a poco a poco sostenitori di fatto della tesi secondo cui «tutto mi è dovuto», annullando gradatamente la stessa possibilità che ci venga fatto un dono. Oggi, solennità di Pentecoste, è la festa del Dono per eccellenza, lo Spirito Santo. L’abbiamo ricevuto come caparra già nel giorno del Battesimo, e poi in pienezza con il sacramento della Cresima. È finito presto nel cassetto dei doni dimenticati? Ho il sospetto che per tanti cristiani sia così: il dono dello Spirito è solo una data remota sul calendario delle feste da bambino, un rimasuglio di cui ogni anno torna un briciolo di memoria annebbiata nel giorno di Pentecoste, quando anche il prete, almeno una volta all’anno, parla dello Spirito Santo. Invece non c’è realtà più storica e più quotidiana dello Spirito: quello Spirito che Gesù ci ha dato già sulla croce, nel momento di esalare l’ultimo respiro; quello Spirito che il Risorto ha donato la sera di Pasqua agli apostoli impauriti e increduli, alitando su di loro; quello Spirito che, in forma di fuoco, ha infiammato i cuori di quegli stessi apostoli cinquanta giorni più tardi al compiersi del giorno di Pentecoste. E allora perché tanta disattenzione tra i cristiani per il Dono per eccellenza?

Una prima risposta la possiamo trovare proprio in quella abitudine a dare per scontati i doni più importanti della vita. Il dono della vita è originario e fondamentale, eppure lo trattiamo come se fosse una nostra conquista, una proprietà privata da gestire a nostro piacimento: il dono della vita si trasforma presto in un diritto e perde tutta la sua bellezza. Il dono dell’amore è altrettanto decisivo per la vita, ma, nelle nostre mani, rischia di diventare un trastullo, un  capriccio, una pretesa, il giocattolo per il tempo del divertimento o la noiosa ovvietà per il tempo del quotidiano: sì, concediamo all’amore qualche guizzo, ma, in generale, anch’esso da dono si trasforma presto nel sigillo posto sulla normalità della vita. Vedete come siamo abili a spegnere i doni più grandi? Facciamo così anche con lo Spirito Santo. Presenza impalpabile di Dio, finisce col diventare un’assenza. È arrivato un giorno sulla nostra fronte, con un po’ di olio profumato a forma di croce, ed è presto evaporato sia dalla testa che dal cuore. Abbiamo cominciato a trattarlo alla stregua di un soprammobile e lo abbiamo esposto così alla… polvere. Invece, lo Spirito è vivacità inesausta, non è un soprammobile, ma è il «mobile» per eccellenza. È più comunicativo di un sistema informatico veloce e performante, eppure gli piace abitare il silenzio per fecondare quel momento in cui nascono – o dovrebbero nascere – le azioni. I nomi dei doni dello Spirito Santo – altro non sono che le qualità della sua presenza – ci aiutano a comprendere il suo lavoro interiore dentro di noi: la sapienza e l’intelletto ci dicono l’aiuto che lo Spirito ci offre per comprendere la realtà in cui viviamo; la scienza e il consiglio testimoniano il ruolo dello Spirito nel darci i giusti strumenti per decidere; la fortezza e la pietà sono il segno della purezza, della semplicità, della stabilità e della coerenza con cui siamo chiamati ad affrontare le vicende della vita; il timore di Dio – a dispetto della parola che per noi è sinonimo di paura – è l’iniezione di vera speranza che lo Spirito ci fa, assicurandoci che la storia è nelle mani di Dio.

C’è un secondo motivo della nostra distrazione nei confronti del dono dello Spirito. È che la sua accoglienza in noi scombussola i nostri progetti: se diamo ascolto allo Spirito e ai suoi doni, le scelte della vita cambiano e noi di questo cambiamento abbiamo paura. Preferiamo vivere a lume del nostro naso piuttosto che sotto la luce dello Spirito Santo. Ecco perché il dono ricevuto è come una bomba disinnescata. E lui, lo Spirito Santo, come si comporta? Esattamente come il Maestro, Gesù: sta alla porta e bussa. È un vento che non sfonda le porte. Attende e usa ogni spiraglio per far sentire la sua voce.

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